Progetti di lavoro (1999)


PROGETTO DI LAVORO: Emanuela Burgazzoli
Lo sguardo della scrittura.
Qualche aspetto del dialogo tra letteratura e pittura in Italia (1920-1980)



Nel secolo delle "poetiche dello sguardo" la legittimità metodologica di accostare letteratura e arti visive sembra ormai acquisita. Lo studio del linguaggio delle immagini attraversa la semiologia tanto quanto la psicologia dell'arte (Rudolf Arnheim). L'omologia tra testo pittorico e testo letterario è oggetto di dibattiti, in particolare a partire dagli anni Settanta, che rimettono in discussione i fondamenti teorici e ontologici di concetti quali intuito e logica, immaginazione e discorso (Marin, Lyotard, Durand).
Lo scopo di tale ricerca è quello di riconsiderare il rapporto scrittura-pittura al di fuori delle sistematizzazioni teoriche tradizionali - i movimenti della cosiddetta "letteratura visiva" -, tracciando invece percorsi inediti che prendano in esame momenti cronologici particolarmente significativi per ridisegnare una mappa della letteratura contemporanea alla luce delle sue interazioni con l'arte visiva.
Al di là dell'esperienza delle avanguardie di inizio secolo, ritroviamo Filippo De Pisis, personaggio emblematico per l'osmosi stilistica e tematica che lega lo sguardo del pittore alla voce dello scrittore. Negli anni Trenta, nel panorama conformista del "ritorno all'ordine", spiccano le personalità di Montale e Morandi, che convergono, sul piano letterario e artistico, nella loro ricerca di nitidezza e rigore. Buzzati è forse l'esempio più alto di autore in cui la vocazione visiva e quella narrativa si completano in un dialogo costante che culmina con la redazione di poemi illustrati nei tardi anni Sessanta.
A partire da questo decennio, la teoria della letteratura riceve nuovi impulsi dalla linguistica (strutturalismo e post-strutturalismo) e dalla filosofia (epistemologia, fenomenologia): la casistica del rapporto letteratura-pittura si fa più complessa. Il quadro infatti può generare il testo, sia narrativo sia di riflessione teorica, o più classicamente la sua lettura descrittiva può essere funzionale alla narrazione a diversi livelli del discorso. Da Calvino a Marcello Fois, da Tabucchi a Consolo, l'interazione tra parola e immagine contribuisce sempre a una nuova tappa nell'evoluzione stilistica di questi autori.
Sul versante opposto non si dovrà dimenticare che alcuni artisti hanno manifestato l'esigenza di integrare il percorso visivo con la parola letteraria: nell'ipermodernità si incontrano Domenico Gnoli, Arduino Cantafora, Emilio Tadini, discendenti di certa metafisica dechirichiana e rappresentanti del così detto iper-realismo pittorico (e narrativo).


PROGETTO DI LAVORO: Anna Frabetti
Pirandello e il teatro francese negli anni Venti e Trenta



All'inizio del secolo, il teatro italiano era conosciuto in Francia grazie alle tournées dei suoi attori più celebri, come Eleonora Duse ed Ermete Novelli ed alle opere di autori come Giacosa, Sem Benelli, Bracco e soprattutto D'Annunzio e Marinetti. Alla fine della prima guerra mondiale e del lungo periodo di ostilità che aveva contrapposto i due paesi, ha inizio una nuova stagione di grande presenza italiana sulle scene francesi, inaugurata dalle prime messinscene parigine dei drammi pirandelliani. La rappresentazione della Volupté de l'honneur nel 1922 e dei Six personnages en quête d'auteur nel 1923 aprono a Pirandello la via del teatro francese ed europeo, permettendogli di entrare in contatto con un ambiente animato da sperimentazioni e dibattiti ancora quasi estranei all'Italia, in primis quello sul teatro di regia, sui teatri d'arte e, in modo più ampio, sulla "riteatralizzazione del teatro".
Viceversa, l'opera di Pirandello e l'apporto della cultura italiana contribuiscono al processo di svecchiamento della scena francese, ancora alla ricerca, nel primo dopoguerra, di una via d'uscita dalle strettoie del boulevard e del teatro di evasione. In un clima di attenzione e di apertura all'eversione futurista di Marinetti e di Apollinaire, all'onirismo surrealista di Breton, la presenza di Pirandello assume un ruolo significativo, pur avendo alterna fortuna, talvolta parallela alle condizioni via via più tese della politica internazionale.
La ricezione del teatro di Pirandello in Francia, dal 1923 al 1936, attiva una nuova rete di rapporti e collaborazioni culturali, in duplice direzione, tra l'Italia e la Francia, oltre che in quel gruppo di scrittori, tra cui Bontempelli, Marinetti, Savinio ed altri già presenti in quegli anni a Parigi, e considerati poi italiani in Francia e francesi in Italia. Insieme ai testi drammaturgici e narrativi, tradotti e rappresentati, entrano in Francia opere di autori italiani fino ad allora poco conosciuti come Antonelli, Rosso di San Secondo, Cesare Vico Lodovici, Fausto Maria Martini; aumenta l'interesse per la cultura italiana in generale, grazie anche ad apporti diversi e talvolta irrelati: dall'interazione tra teatro ed arti figurative (testimoniata dall'attività del gruppo dei "peintres italiens de Paris" e dalla collaborazione tra De Chirico e Pirandello stesso alla messinscena della Jarre nel 1924), al rinnovato interesse di Copeau per la commedia dell'arte. Allo stesso tempo, la mediazione di Pirandello, la sua collaborazione (diretta o indiretta) con attori-registi come Dullin, Pitoëff, Jouvet, Baty, con traduttori ed italianisants come Camille Mallarmé, Crémieux e Mortier dà inizio, in Italia, a nuovi contatti con il mondo del teatro francese; filtra temi e suggestioni, come quelle surrealiste, ancora lontane dalla tradizione italiana; rinnova i repertori introducendo autori come Lenormand e Vitrac.
I documenti che consentono di ricostruire questi contesti appartengono ad ambiti di cultura estremamente differenti tra loro, i quali richiedono perciò un approccio interdisciplinare e comparatistico alla materia. Si tratta in primo luogo di epistolari, a partire da quello tra Pirandello e Marta Abba, di testimonianze autobiografiche, diari e memorie di attori e uomini di teatro. Ma anche di materiali ritenuti "marginali", da un punto di vista letterario - essenziali da un punto di vista "teatrale" - come raccolte di documenti, recensioni, interviste, copioni, repertori. Non meno importanti sono, in questo senso, le riviste dei teatri ed i fogli letterari e teatrali con la dichiarata funzione di mediazione italo-francese. L'uso di questi strumenti, la loro alternanza, intende in primo luogo ricostruire un disegno, far emergere indirettamente, in modo trasversale, induttivo, un quadro storico e culturale nella sua complessità, nelle sue componenti interdipendenti e soprattutto interagenti. Ciò che interessa non è dunque stabilire dei precedenti o delle filiazioni, ma rilevare la presenza di correnti, di relazioni, ed attivare la loro interpretazione. Da un punto di vista metodologico, testi letterari e copioni teatrali, strumenti filologici e strumenti scenici assumono lo stesso valore, pur appartenendo a contesti diversi, nella precisa convinzione che la scrittura e la scena non vadano valutate come polarità tra loro in competizione, ma piuttosto come componenti diverse, di uguale peso, nella storia della cultura.


PROGETTO DI LAVORO: Laura Toppan
Luzi traduttore di Mallarmé



Nel 1940 esce per Vallecchi Avvento Notturno, la seconda raccolta poetica di Mario Luzi. È un testo in cui la lezione simbolista, attraverso l'orfismo di Dino Campana (vero depositario dell'esperienza simbolista in Italia) diventa matrice fondamentale. Questa raccolta risente di influssi che vanno dai lirici italiani (come Petrarca, Foscolo, Leopardi, Montale, Ungaretti, Quasimodo, Onofri) al panorama straniero, in cui troviamo il romanticismo cristiano e funereo-notturno di Novalis, Nerval, il simbolismo di Mallarmé, Rilke e l'Hasard avanguardistico di Rimbaud e Apollinaire.
L'influenza di Rimbaud, spesso mediata attraverso Campana, si trova nella creazione di un infuocato mondo fantastico che sfiora il demoniaco e si presta a dare dinamica al fondo statico di Avvento Notturno, alla sua atmosfera di sospensione monologica meditativa. Ma la lezione simbolista più significativa assorbita da Luzi è quella di Mallarmé, a cui riconosce il merito di aver proposto il problema poetico nella sua integralità e pienezza, fino a pervenire all'identificazione di esso col problema stesso della conoscenza e dell'essere. Mallarmé diventa così "una necessaria confrontazione" per gli ermetici della prima e della seconda generazione: all'altezza degli anni Trenta L'Après-midi d'un Faune è infatti uno dei testi più tradotti in Italia, per riflettere sui problemi della lingua e del linguaggio. Luzi partecipa in modo distaccato a quest'attività febbrile e si astiene dal teorizzare, perché la traduzione gli è sempre apparsa come "un oggetto eminentemente empirico".
Nel 1952 però Luzi pubblica Studio su Mallarmé e nel 1983 La Cordigliera delle Ande, che raccoglie, tra le altre, traduzioni da Baudelaire, Rimbaud, Valéry, Racine e Mallarmé. Del poeta di Tournon Luzi traduce solo due brevi frammenti dell'egloga e s'immerge invece nella "scomposizione" dei marmorei Plusieurs Sonnets. Attraverso un confronto testuale fra le traduzioni e la raccolta Per il battesimo dei nostri frammenti, pubblicata nel 1985, scopo della nostra ricerca è quello di mettere in rilievo quanto la traduzione, "momento di riflessione", abbia influenzato la poesia luziana di quell'epoca e viceversa. Cercheremo di spiegare lo scarto cronologico che esiste tra le traduzioni del poeta della "naturalezza" e quelle dei poeti della sua generazione: in particolare Ungaretti, Bigongiari e soprattutto Parronchi, la cui traduzione dell'Après-midi fu accolta da Luzi come la migliore tra tutte quelle che circolavano. Un'analisi approfondita dello studio e dei saggi critici dedicati a Mallarmé evidenzierà come le teorie poetiche ed estetiche del poeta di Tournon abbiano contribuito all'elaborazione luziana del concetto di poesia o influito sulla sua poetica.
L'ultima fase della nostra ricerca spiegherà come lo stesso Luzi riesca a trasformare i negativi mallarmeani in positivi. Per lui la creazione assoluta è impossibile: è la memoria storica del passato che agisce nell'"eventualità" poetica.


Indice 1999, n. 2



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