Per Luciano Anceschi


La curiosità intellettuale è la qualità che più ha caratterizzato la riflessione critica e l'insegnamento di Luciano Anceschi, sia se si considera la sua attività di studioso di estetica sia se si pensa al critico militante. Il suo modo di accostarsi ai testi, percorrendo e ripercorrendo l'itinerario della modernità, si può interpretare come un lungo dialogo aperto e impregiudicato: gli interlocutori delle sue raffinate frequentazioni, si chiamassero Socrate o Montaigne, Pascal o Leopardi, Kant o Nietzsche, Eliot o Pound, sono stati interrogati da lui con razionalità lucida e insieme con un metodo fondato sul rispetto della pluralità delle scelte e delle posizioni. È questa, da Autonomia ed eteronomia dell'arte agli ultimi interventi sulla sua amatissima poesia, la lezione che resta: quella del rifiuto di ogni dogmatismo e assolutizzazione, e insieme del rispetto del relativo, del molteplice, del conflittuale. Nessuna riduzione della complessità era accettabile per un maestro nemico delle certezze e Verità conclamate, capace di ascolto. L'ascolto delle idee, chiamate sempre a confrontarsi con l'esperienza vissuta; e quello dei progetti, anche se a formularli era il più giovane dei suoi scolari, che meritava per lui ogni attenta considerazione e ogni incoraggiamento, anche a mettersi a rischio. Da maestro a amico: con le domande e gli entusiasmi adolescenziali mai sopiti, la passione etica, la forza dell'indignazione e degli affetti.

Niva Lorenzini


n. zero, maggio 1995 - 1995, n. 1


 

 

Omaggio a Caretti


Lanfranco Caretti ci aveva scritto, poco prima di morire, per ricevere gli indici elettronici dei corrispondenti di Carlo Calcaterra, suo maestro. Purtroppo, essendoci giunta la sua lettera con inspiegabile ritardo, non fummo in grado di mandarglieli. Laureatosi a Bologna con Calcaterra nel 1938-39 con una tesi sull'epistolario di Olimpia Morato, Caretti insegnò all'Università di Pavia e all'Università di Firenze.

Filologo sempre teso a una filologia non esibitoria, praticata come «esercizio concreto dell'intelligenza, e non come uno svago mentale, [...] civetteria di moda»*, Caretti fu autore di numerose edizioni critiche e commentate, di studi innovativi sulle maggiori istituzioni della letteratura italiana, o di libri fortunati come Ariosto e Tasso (1961 e 1973). Nella sua lunga carriera non mancano interventi sul Novecento, antologie di testi, manuali e saggi critici che testimoniano della sua viva attenzione alla contemporaneità, alla didattica, alla prassi critica e poetica dei nostri giorni.

Federico Pellizzi

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* Filologia e critica, Prolusione al corso di Letteratura italiana tenuta all'Università di Pavia il 17 novembre 1952, in «Aut aut», 1952, n. 12, poi in Filologia e critica, Milano-Napoli, Ricciardi, 1955, pp. 1-25, ora in Antichi e moderni. Studi di letteratura italiana, Torino, Einaudi, 1976, pp. 471-488.


n. due-tre, dicembre 1995 - 1995, n. 2


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