Alberto Caprioli
«Per lo dolce silentio de la notte». Una rilettura
di Tibullo e Petrarca per pianoforte e computer music


La composizione Per lo dolce silentio de la notte, per pianoforte e nastro magnetico generato dal processore 4i, di cui si propone qui un'analisi incentrata sul rapporto tra strutture letterarie e strutture musicali, è stata presentata in prima al Wiener Saal del Mozarteum di Salisburgo nel maggio 1988, con la regia del suono del compositore, autore del presente articolo(1) .
L'organico strumentale della composizione prevede un pianoforte e uno strumento elettronico, sostituibile da un nastro quadrifonico pre-registrato. Tale strumento elettronico stato elaborato da Sylviane Sapir presso il Centro di Sonologia Computazionale dell'Universit di Padova, utilizzando il processore 4i ideato da Giuseppe Di Giugno presso l'IRCAM di Parigi. Esso è costituito da una variante dello strumento utilizzato nel 1985 per la prima esecuzione dell'opera Prometeo. Tragedia dell'ascolto di Luigi Nono (2), attraverso il raddoppio delle possibilità polifoniche (da quattro a otto voci, trattate con interferenze di quarti e ottavi di tono) e la spazializzazione (la possibilit di far compiere al suono un percorso attraverso i diffusori). L'artificio permette al suono elettronico di muoversi, di apparire e scomparire dai diversi punti della sala e di apparire quindi pi e meno lontano dall'ascoltatore, utilizzando il parametro dell'intensità legato a quello della spazializzazione. Il percorso del suono legato ad uno uno schema derivato da uno dei testi letterari alla base della composizione, la Sestina CCXXXVII dai Rerum Vulgarium Fragmenta del Petrarca:

    Non à tanti animali il mar fra l'onde,
    Né lassù sopra 'l cerchio de la luna
    Vide mai tante stelle alcuna notte,
    Nè tanti augelli albergan per li boschi,
    Né tant'erbe ebbe mai campo né piaggia,
    Quant'à 'l mio cor pensier' ciascuna sera.

    Di d in dì spero omai l'ultima sera
    Che scevri in me dal vivo terren l'onde
    Et mi lasci dormire in qualche piaggia,
    Ch tanti affanni uom mai sotto la luna
    Non sofferse quant'io: sannolsi i boschi,
    Che sol vo ricercando giorno et notte.

    Io non ebbi già mai tranquilla notte,
    Ma sospirando andai matino e sera,
    Poi ch'Amor femmi un cittadin de' boschi,
    Ben fia, prima ch'i' posi, il mar senz'onde,
    Et la sua luce avrà 'l sol da la luna,
    E i fior' d'april morranno in ogni piaggia.

    Consumando mi vo di piaggia in piaggia
    El d pensoso, poi piango la notte,
    Né stato ò mai, se non quanto la luna.
    Ratto come imbrunir veggio la sera,
    Sospir' del petto, et de li occhi escono onde
    Da bagnar l'erbe, et da crollare i boschi

    . Le città son nemiche, amici i boschi,
    A' miei pensier', che per quest'alta piaggia
    Sfogando vo col mormorar de l'onde,
    Per lo dolce silentio de la notte.
    Tal ch'io aspetto tutto 'l d la sera,
    Che 'l sol si parta et dia luogo a la luna.

    Deh or foss'io col vago della luna
    Adormentato in qua' che verdi boschi,
    Et questa ch'anzi vespro a me fa sera,
    Con essa e con Amor in quella piaggia
    Sola venisse a starsi ivi una notte,
    E 'l d si stesse e 'l sol sempre ne l'onde.

    Sovra dure onde, al lume de la luna
    Canzon nata di notte in mezzo i boschi
    Ricca piaggia vedrai deman da sera.

Gli explicit identici in tutte le strofe,1 (onde); 2 (luna); 3 (notte); 4 (boschi); 5 (piaggia); 6 (sera), sono rigorosamente simmetrici rispetto ad uno schema nascosto, che appare solo confrontando orizzontalmente l'andamento delle strofe (confrontando cio tutti i primi, secondi, terzi ecc. explicit):

I II IIIVIV VI VII
1 635421 2
2 163543 4
3 542165 6
4 21635
5 42163
6 35421

Lo spostamento a rotazione (l'ultimo diviene primo, ecc.) del numero 1 genera in orizzontale una serie sempre identica a quella dei primi versi (1.6.3.5.4.2.). Inoltre, gli explicit sono baciati tra l'ultimo verso e il primo della strofa successiva (in rimalmezzo nella strofa conclusiva, abbreviata da sestina in terzina), secondo lo schema 6.3.5.4.2.1., che non altro che un ulteriore spostamento a rotazione (il primo diviene ultimo, ecc.) dell'ordine orizzontale nascosto sopra citato (1.6.3.5.4.2.).
Tale doppio schema di corrispondenze meglio rappresentabile dal grafico circolare sotto riportato, in cui la rotazione gioca un secondo ruolo importante. Le cifre romane indicano la posizione del numero 1 nella lettura orizzontale dello schema numerico sopra riportato: il numero 1 in posizione I nella figura rappresentata; ruotando le cifre romane in senso antiorario, il numero 1 si trova in posizione II, poi in posizione V, III, IV, VI):


Posto su un sistema di assi cartesiani, in ascissa l'ordine delle sestine (1.2.3.4.5.6.), in ordinata la serie di numeri dello schema a rotazione (1.6.3.5.4.2.), si ottiene il grafico di una funzione circolare:

Tale grafico è stato utilizzato per la spazializzazione del suono, costruendo un algoritmo di sintesi che utilizza una funzione identica per la determinazione del percorso del suono nello spazio (unita all'inviluppo di quattro oscillatori sfasati tra loro di un quarto di periodo, che trasmettono il suono ai quattro diffusori in sala). La sensazione di maggiore o minore distanza del suono, per un osservatore che si trovi al centro dei sei punti di questa strana figura a forma di gemma o di capsula spaziale, è data dall'alternanza e dallo spostamento, nei quattro canali, delle variazioni dinamiche del suono nel tempo. Per rappresentare i sei punti attraverso i quattro canali classici della quadrifonia, bastato ricorrere all'interferenza tra le fonti, che determina appunto la spazializzazione del suono.

Dalla stessa struttura 1.6.3.5.4.2. è stata derivata una serie di dieci suoni (dodici suoni con due suoni in absentia, partendo dal do: do 1 semitono = si e re bemolle; do 6 semitoni = sol bemolle; do 3 semitoni = mi bemolle e la; ecc., con sol e re suoni in absentia, ai quali stato attribuito un ruolo particolare nel corso della composizione):


Due frammenti di Tibullo - variazioni sul tema della notte su cui imperniata la canzone petrarchesca - sono incastonati nella composizione quali generatori di uno schema di corrispondenza seriale:

TVM VENIAM SVBITO, NEC QVISQVAM NVNTIET ANTE,
SED VIDEAR CLO MISSVS ADESSE TIBI.
TVNC MIHI, QVALIS ERIS, LONGOS TVRBATA CAPILLOS,
OBVIA NVDATO, DELIA, CVRRE PEDE.
HOC PRECOR, HVNC ILLVM NOBIS AVRORA NITENTEM
LVCIFERVM ROSEIS CANDIDA PORTET EQVIS.
(I, 3, 89-94)

[...] IAM NOX IVNGIT EQVOS, CVRRVMQVE SEQVVNTVR
MATRIS LASCIVO SIDERA FVLVA CHORO
POSTQVE VENIT TACITVS FVRVIS CIRCVMDATVS ALIS
SOMNVS ET INCERTO SOMNIA NIGRA PEDE.
(II, 1, 87-90)

Analizzati i frammenti dalle elegie di Tibullo prescelti, risulta una scala di venti occorrenze (in questo caso puramente alfabetiche, e non fonetiche(3):

X FGHBPQDLM
1 3 3 4 5 6 8 111214

C NORTASEIV
17 212222242629323639


Dalla tabella si può derivare, per ciascuna lettera, il rapporto di frequenza tra la propria occorrenza e l'occorrenza massima (V=39). [es: X=1/39; F,G= 3/39; H=4/39; ecc.]; tale serie di rapporti servita per determinare le durate e le occorrenze delle altezze musicali determinate come sotto riportato.
Entrambi i testi di Tibullo e di Petrarca, riletti attraverso questa sorta di crittografia musicale, sono stati utilizzati quali generatori di altezze e durate (in linguaggio non tecnico: per ottenere un materiale musicale di base, costituito da una serie di note con una determinata frequenza, suscettibili di combinazioni verticali od orizzontali e di variazioni secondo i parametri dell'intensit, durata, timbro, occorrenza), gli uni per il processore 4i, l'altro per il pianoforte.
Partendo dalla scala numerica precedente, è stata quindi istituita una corrispondenza tra le venti lettere (le stesse in Tibullo e Petrarca, con l'unica eccezione della X - solo in Tibullo - e della Z - solo in Petrarca), nell'ordine di frequenza, e due serie di dieci suoni (due serie di dodici suoni, con due suoni in absentia, come si è detto): la seconda serie stata derivata dalla prima attraverso una doppia corrispondenza chiastica, al fine di rompere la monotonia della successione ordinata pur mantenendo il materiale all'interno di una precisa struttura:


Ottenuto questo materiale 'serializzato' (percorso del suono, altezze e durate), che costituisce una griglia paragonabile alla struttura petrarchesca riletta attraverso la 'scala' tibulliana, il brano è stato realizzato componendo liberamente in stile di Notturno la posizione di ottava dei suoni sulla tastiera del pianoforte (multipli di frequenza), il timbro, la dinamica, l'agogica (il fraseggio), in risposta alle altezze fondamentali prodotte dal processore 4i (che genera suoni paragonabili alle risonanze delle campane di vetro).
Il motivo che unisce idealmente le due riletture l'interpretazione del topos letterario della notte in due ambienti alessandrini quali quelli di Tibullo e quello di Petrarca, che non pare estraneo a certa musica reservata tardo-rinascimentale, nella quale si indugiava volentieri sugli acrostici musicali e simili artifici.
Un ideale rapporto di contiguità, se non di continuità tra le epoche alessandrine, cui l'autore ascriveva l'epoca presente, determina la scelta delle atmosfere (il pianoforte trattato con aura di Notturno, integrato dal suono di sintesi, fatto di echi a distanza di quarti e ottavi di tono), surreali reincarnazioni del mito della notte nella mente - o nel suono interiore (4) - dell'uomo contemporaneo, alla ricerca e nel timore del proprio silenzio (Gi mai tranquilla notte).

(1) Successivamente ripresa a Cracovia, Atene, Roma (Festival Musica Verticale), recentemente registrata e trasmessa da RAI 3, la composizione è stata analizzata dal punto di vista tecnico-musicale negli Actes du Colloque Structures Musicales et Assistance Informatique, LIM, Marseille, 1988, negli Atti del VII Colloquio di Informatica Musicale, SIM, Roma, 1988.
(2) Bollettino del Laboratorio di Informatica Musicale della Biennale di Venezia, 5, 1985; A. Caprioli, Tecnica e struttura di un'opera di Computer Music, Poetronike, 2, 1989.
(3) In una successiva composizione, Vor dem singenden Odem, per quintetto, eseguita al Teatro Comunale di Bologna nel 1992, l'autore ha utilizzato una serializzazione dei suoni derivata da un'analisi della struttura fonematica di un testo poetico di Georg Trakl.
(4) A quoi sert de composer, si c'est pour confiner le produit dans l'enceinte du concert ou la solitude de la réception radiophonique? Composer, c'est, du moins tendenciellement, donner à faire, non pas donner à entendre, mais donner à écrire: le lieu moderne de la musique n'est pas la salle, mais la scène où les musiciens transmigrent, dans un jeu souvent éblouissant, d'une source sonore à une autre: c'est nous qui jouons, il est vrai encore par procuration ֪.R. Barthes, Musica Practica (1970), ne L'obvie et l'obtus. Essais critiques III, Paris, 1982, 234-5, tr. it. Milano, 1985.

 


[versione cartacea: n. quattro-cinque, maggio 1996, pp. 11-16 - versione web: 1996, n. 2, II semestre]

 


Bollettino '900 - Electronic Newsletter of '900 Italian Literature - © 1995-1997