Aldo De Jaco, La Resistenza nel Sud, Cronaca per testimonianze, Argo, Lecce, 2000
Gerhard Schreiber, La vendetta tedesca 1943-1945. Le rappresaglie naziste in Italia, Mondadori, Milano, 2000

Un recentissimo libro di Aldo De Jaco merita di essere segnalato, perche’ pur essendo basato solo in parte su documenti inediti, fa pero’ largo uso di una memorialistica oggi scarsamente accessibile ed e’ quindi molto utile per smontare la consolidata leggenda di un sud fascista e reazionario (1).
De Jaco aveva gia’ pubblicato molti anni fa un libro sulle quattro giornate di Napoli (fine settembre 1943), e naturalmente dedica parecchio spazio a questa grande rivolta popolare, documentando che non fu del tutto spontanea, e preparata da vari attacchi ai tedeschi anche prima dell’8 settembre. De Jaco analizza le complesse ragioni di una cosi’ vasta sollevazione, identificando all’interno di essa sia i piccoli nuclei organizzati, comunisti o di Giustizia e Liberta’, sia la partecipazione di larghe masse del tutto spoliticizzate ma furiose per l’arroganza degli occupanti e soprattutto per la fame, aggravata dalle continue spoliazioni naziste.
Il pregio principale del libro e’ la minuziosissima ricostruzione di decine di episodi minori, da quello piu’ noto di Matera, (che in realta’ ebbe anch’esso una certa consistenza, tanto da costringere i nazisti a ritirarsi e che precedette quello di Napoli di una decina di giorni) a quella di molti altri centri della Lucania, in cui la lotta ai tedeschi si intreccio’ a regolamenti di conti con i gerarchi fascisti locali, le cui case furono saccheggiate distribuendo alla popolazione le scorte alimentari che avevano accumulato. Nei molti altri casi registrati in Puglia, Calabria ed Abruzzi, l’innesco delle rivolte antitedesche era a volta la reazione spontanea a una requisizione di animali o di alimentari, a volte a un tentativo di stupro. A questo proposito va precisato che effettivamente fino al 1943 l’esercito tedesco era stato il piu’ disciplinato di quanti si scontrarono nel corso della seconda guerra mondiale, ma nel corso della ritirata precipitosa all’Italia meridionale dopo gli sbarchi alleati, il controllo si allento’ e si registrarono sia violenze carnali sia rapine e devastazioni decise individualmente. A questo proposito Gerhard Schreiber, in un libro uscito contemporaneamente e che quindi De Jaco non ha potuto consultare, accenna anch’esso a qualche caso di stupro e di rapine individuali, riconducendole al rancore accumulato contro gli italiani dopo il “tradimento” del 25 luglio (2).  Il libro di Schreiber e’ interessante perche’ ha ricostruito le responsabilita’ di alcuni ufficiali (anche della Wehrmacht e non solo delle SS) che incoraggiarono questi atteggiamenti appunto per spirito di vendetta. Il limite di questo libro e’, casomai, quello di prestare scarso interesse ai crimini compiuti dai fascisti italiani, dato che il suo obiettivo e’ quello di sottolineare le gravi responsabilita’ dell’esercito regolare tedesco, evitando un’assoluzione sommaria basata sull’attribuzione di tutti massacri (e ne documenta ben piu’ di De Jaco) alle sole SS.
Il volume di De Jaco viceversa insiste maggiormente sulle responsabilita’ italiane, e non solo dei fascisti, ma anche degli ufficiali badogliani, e degli stessi carabinieri, che vengono abitualmente considerati schierati in blocco con la resistenza, mentre in molti casi collaborarono con i nazisti, o assunsero un atteggiamento ambiguo, disarmando la popolazione o rifiutando ad essa le armi che custodivano, o anche liberando i soldati e ufficiali nazisti catturati dagli insorti e ingenuamente affidati loro. Naturalmente De Jaco non nasconde e anzi valorizza i casi, che pure ci furono, di partecipazione di carabinieri ai combattimenti a fianco di militari italiani e della popolazione in armi. Ma appunto, contrariamente alla vulgata ufficiale, l’arma non ebbe un atteggiamento univoco. De Jaco affronta anche i molti episodi in cui alla resistenza antinazista si intrecciarono moti sociali, che attaccavano e distruggevano le sedi del potere, i catasti, i magazzini dove venivano ammassate le derrate prelevate ai contadini, e giustamente le accomuna - con qualche cautela - ai moti che accompagnarono la spedizione dei Mille, e allo stesso brigantaggio degli anni immediatamente successivi. In ogni caso, sottolinea, quei sommovimenti rivelavano una grande speranza di cambiamento, che fu presto delusa, e fu determinante per lo spostamento a destra ad esempio delle stesse masse popolari che avevano cacciato i tedeschi durante le quattro giornate di Napoli, e che meno di tre anni dopo assaltavano in armi la sede della federazione del PCI.
Frettolosa e insufficiente invece la ricostruzione delle lacerazioni che portarono alla scissione del PCI napoletano e alla costituzione della “federazione di Montesanto”, e alla rifondazione di una CGL classista nel sud, due manifestazioni del rifiuto della “Svolta di Salerno” imposta da Togliatti. Per questi aspetti rinviamo quindi al buon lavoro di Arturo Peregalli, uscito da qualche tempo ma sempre valido, e che puo’ essere letto come un testo complementare a quelli gia’ segnalati (3).
Peregalli segue infatti, su scala non solo meridionale, le molte iniziative ispirate a una visione classista, sul terreno sociale e ancor piu’ su quello politico (“Bandiera rossa” a Roma, “Stella Rossa” a Torino, il gruppo Repossi-Fortichiari in Lombardia, il POC in Puglia, il MUP e i raggruppamenti bordighiani, ecc.). Anch’esso un lavoro solo in parte originale, ma che consente di avere un quadro generale senza ricorre ai molti lavori dedicati ai singoli movimenti da Corvisieri, Vaccarino, ecc.

Antonio Moscato

Note:
1) Aldo De Jaco, La Resistenza nel Sud, Cronaca per testimonianze, Argo, Lecce, 2000
2) Gerhard Schreiber, La vendetta tedesca 1943-1945. Le rappresaglie naziste in Italia, Mondadori, Milano, 2000. De Jaco peraltro, aveva preso conoscenza di alcuni saggi precedenti dello stesso autore.
3) Arturo Peregalli, L’altra resistenza. Il PCI e le opposizioni di sinistra 1943-1945, Graphos, Genova, 1991.