William Gambetta, Democrazia proletaria. La nuova sinistra tra piazze e palazzi, Milano, Punto Rosso, 2010, pp. 287, euro 15.00

Recensione di Diego Giachetti, http://www.kathodik.it/modules.php?name=News&file=article&sid=3918
 

Nell’anno in cui si “celebra” la fondazione del Pci e il suo scioglimento (1921-1991), tra nostalgia per alcuni di ciò che non c’è più e altrettanta voglia di dimenticare ciò che è stato, da parte dei più, per occuparsi di primarie e di come fare, meglio di Berlusconi, la stessa politica economica e sociale, il libro di Gambetta giunge puntuale. Coll’argomento scelto rompe il bon ton di un presente piccolo e angusto che pretende di ridurre a soap opera il passato, soprattutto quello più recente, riducendolo a narrazione minuta e frammentata, debole e quotidiana. Fuori da questa nuova narrazione, egli ripropone il tema forte della storia politica e sociale, quella che fa i conti con le fonti, le testimonianze, i contesti e i soggetti. Nell’affrontare la storia di Democrazia Proletaria -formazione politica costituitasi nel 1978 e scioltasi nel 1991 per confluire nel nascente Partito della Rifondazione comunista- sente l’obbligo (e non poteva essere diversamente) di cominciare dalla definizione della cornice che compone il centro del quadro. Il tema da cui inizia è la nascita di una nuova sinistra politica in Italia dopo lo sconquasso delle lotte operaie e studentesche del biennio 1968-69. E’ una descrizione a tutto campo che coglie forze, energie intellettuali, generazionali, emotive di un soggetto nuovo, dinamico, tumultuoso e magmatico che vuole ricostruire la partecipazione politica e la sinistra. E’ il tempo in cui la nuova sinistra, nel primo quinquennio degli anni settanta, è capace di produrre ben tre giornali quotidiani, Il manifesto, Lotta continua e il Quotidiano dei lavoratori, più una miriade di pubblicazioni periodiche di vario genere e appartenenza. Una nuova sinistra che subito deve affrontare il tema (eterno!) della partecipazione elettorale. Alcune formazioni vi partecipano, altre no; comunque sia alle elezioni politiche del 1972 non hanno eletti in parlamento. Oggi, come sappiamo, una siffatta notizia, apre le porte al dramma. Invece all’epoca, riconosciuta la sconfitta momentanea, si ripartì, dal movimento, come si direbbe oggi, ed esso non deluse mettendo in luce una società civile italiana più avanzata dei partiti storici che la rappresentavano: valga l’esempio della vittoria al referendum sul divorzio del 1974. Nella nuova sinistra si sviluppò un intensi dibattito su come interpretare e definire il “processo rivoluzionario” in una società occidentale a capitalismo avanzato, che portò, tra distinguo e diffidenze, alla costituzione del cartello elettorale di Democrazia Proletaria alle elezioni politiche del 1976. Dp nacque quindi come sigla elettorale, solo dopo diventerà un partito, proprio negli anni più difficili per la sinistra italiana, quelli che la videro stretta tra le politiche di austerità e di sacrifici, invocate dal Pci, e il tragico avvitamento su se stesso del terrorismo dei gruppi della lotta armata. Non era facile resistere e continuare. Pezzi si persero per strada, altri abbandonarono prima o poi. Dp sopravvisse anche alla nuova sconfitta elettorale del 1979, quando non ottenne eletti in parlamento, apprestandosi a “far fronte”, come dice l’autore, agli anni Ottanta ormai incombenti. Non solo resistenza in nome di un passato rivoluzionario glorioso fu la sua vicenda, ma soprattutto riformulazione della concezione di partito, inteso come strumento e non come fine ossificato nella storia. Un partito che conobbe un suo radicamento, e quindi una ragione sociale, nei movimenti e nelle organizzazioni di massa, articolato e diffuso sul territorio nazionale, con una sua identità collettiva e con un personale politico che rifletteva anche la sua composizione sociale. Sono, tutti questi, argomenti al quale l’autore dedica analisi e riflessioni, frutto di una ricerca sul campo, quello delle fonti, che non ha voluto esaurirsi in una mera storia politica, ma ha osato attingere agli aspetti sociali e culturali che caratterizzarono quell’esperienza.