Marco Imarisio, "Il sogno infranto dei no global italiani", Feltrinelli, 2001, pp. 190, 14 Euro
 

Genova e i no global. Quei dieci anni perduti
Un libro di Marco Imarisio tra il G8 del 2001 e la storia del Movimento. Scritto con la forza e il gusto di una cronaca, ricostruisce una storia molto italiana un´occasione mancata un "sogno" ucciso da molti
 

Ci sono storie che si ritengono esauste. Per overdose di parole e immagini, per saturazione memorialistica, per coazione a ripetere di luoghi comuni. E, a ben vedere, i giorni del G8 di Genova sono una di quelle storie. Diventa allora sorprendente scoprire quanta materia viva conservi ancora quel passaggio della nostra Storia politica recente. Come il tempo - dieci anni a luglio - per una volta aiuti a ritornare in quei luoghi con occhi e curiosità diverse. Nello sforzo di rimettere insieme quel che fu e quel che è stato di una generazione del Movimento, dell´antagonismo italiano. La sua parabola, la sua implosione. E´ il viaggio non celebrativo in cui si è imbarcato Marco Imarisio, firma del Corriere della Sera, testimone intelligente e appassionato di quei giorni del luglio 2001 e di ciò che ne è seguito, nel suo la ferita - il sogno infranto dei No Global italiani (Feltrinelli, pagg. 190, euro 14).
Scritto con la forza e il gusto di una cronaca, con l´understatement di chi non ha risposte da dare ma solo molte domande ancora da fare, con il gusto per la ricerca del dettaglio inedito che diventa metafora di un´intera storia (come la scoperta di un pacchetto di Rothmans che, chiuso nel cassetto di un insegnante piemontese, custodisce un pugno di segatura bagnata dal sangue di Carlo Giuliani), la ferita è il racconto di un´occasione mancata. «Una storia molto italiana - scrive Imarisio - Uno strano impasto di personalismi, nobili gesti e altrettante ripicche. Un cupio dissolvi generale che non teneva conto delle potenzialità espresse da quel movimento. Come se i primi a non credere fino in fondo alle loro possibilità fossero stati i proprietari della ditta». Che, evidentemente, hanno un nome e cognome.
Vittorio Agnoletto, Luca Casarini, Francesco Caruso, Piero Bernocchi e la corona di leader meno noti, che con loro hanno segnato Genova e hanno contribuito ad amministrarne l´eredità, diventano nel racconto di Imarisio figure malinconiche. Da subito e improvvisamente disarmate, all´indomani dell´11 Settembre 2001, da una nuova geopolitica che nessuno poteva prevedere. Quasi sempre inadeguate alla sfida che si era prefisso il Movimento. Regolarmente stritolate tra la forza di un´intuizione politica e sociale precoce (la catastrofica fragilità di un´economia finanziaria e speculativa; la sfida sui prodotti agricoli; la difesa dell´acqua dalla privatizzazione; la questione climatica) e la zavorra, i tic, il settarismo, propri di categorie politiche della sinistra movimentista degli anni ´70-´80.
E tuttavia, ad uccidere "il sogno" hanno contribuito molte mani. Non solo i «proprietari della ditta». Imarisio illumina nel tempo il cinismo della sinistra di governo e il fallimento fragoroso di Fausto Bertinotti e Sergio Cofferati di fronte all´urgenza del Movimento di trovare forme nuove di rappresentanza politica, di sbocco alla sua elaborazione. L´utopia narcisista del primo. Il "tradimento" del secondo. Così come documenta il riflesso d´ordine e di appartenenza, le omertà, che, in questi dieci anni, hanno orientato le mosse dei vertici della Polizia di Stato e dell´Arma dei carabinieri nella stagione giudiziaria (per altro non ancora conclusa) che doveva dare responsabilità certe alle violenze di Genova. Una scelta sciagurata che ha impedito, insieme all´accertamento di una verità incontrovertibile e completa, la composizione di una memoria condivisa e dunque la cicatrizzazione della ferita. Che ha moltiplicato i rancori. Che ha progressivamente cancellato i fatti, fino ad anestetizzarne il ricordo (esemplare la rimozione che il Paese ha fatto della vergogna di "Bolzaneto").
I "no Global" non appartengono più al panorama politico del Paese. Esiste ancora lo spazio del centro sociale "Rivolta" dove, alla vigilia del G8, le "tute bianche" fecero le prove generali delle loro catapulte per dare l´assalto alla zona rossa. «Adesso - scrive Imarisio - è una sala ipertecnologica da duemila posti dove, la Fiom, gli studenti, i precari della scuola tentano di delineare un nuovo percorso comune, "Uniti contro la crisi" (...) Ci stanno riprovando, con un orizzonte più stretto, meno illusioni. Tentando di portare con sé almeno il ricordo di quell´avventura».

Marco Bonini, "la Repubblica", 18 Maggio 2011