"Il caso Genova. Da Piazza Alimonda alla scuola Diaz", Manifestolibri, 2002, pp. 122, Euro 7

20 luglio 2001, 20 luglio 2002
di Giuliano Pisapia

È passato un anno dai drammatici fatti occorsi a Genova, in occasione del vertice G8, che hanno sconvolto non solo i partecipanti alle manifestazioni e alle numerose piazze tematiche, ma anche l’Italia, l’Europa e il mondo intero, rimasto attonito per l’inusitata violenza posta in essere in quei giorni, nei confronti di soggetti pacifici, pacifisti, deboli e inermi. Il dibattito, mai sopito, sulle ragioni di quanto accaduto, sulle responsabilità, politiche e non, sulla ricerca della verità è, ad oggi, ancora aperto. Ma sono ancora molte le domande che non hanno trovato una risposta. I dubbi, la gestione mediatica delle indagini, il continuo susseguirsi di notizie, di smentite, di conferme altro non fanno se non aumentare la preoccupazione di chi vuole sapere per poter continuare a credere nella verità e nella giustizia.
Sono tanti, troppi, gli interrogativi irrisolti. Sarebbe stato possibile – se vi fosse stata la volontà – fermare i violenti e, come si era impegnato a fare il Ministro Scajola in Parlamento, garantire sia il G8 che il diritto di manifestare pacificamente? Sì, sarebbe stato possibile, se solo lo si fosse voluto. Indagini, fotografie, filmati, testimonianze hanno confermato che i violenti sono stati lasciati liberi di distruggere, mentre i manganelli e i lacrimogeni venivano puntati contro i dimostranti pacifici.
Quei pochi parlamentari presenti a Genova, quegli avvocati, quegli osservatori, quei giornalisti che con coraggio hanno fatto il loro dovere per dare a tutti una corretta informazione, hanno permesso in numerose occasioni di salvaguardare l’incolumità di molti: ragazzi, donne, anziani. Se fossero stati di più, avrebbero potuto fare molto di più!
Ecco perché se, a Genova, era importante esserci, ora è ancora più importante non dimenticare e non cessare di insistere affinché venga accertata la verità. Quel popolo, che voleva essere gioioso e pacifico, è stato stretto in una micidiale tenaglia da parte di chi, nel governo e tra le forze dell’ordine, voleva scardinare, distruggere, sconfiggere, brutalizzare, impaurire ogni dissenso e creare le premesse per impedire la crescita di un movimento che intendeva solo mandare un messaggio che poteva essere recepito da tanti altri: a sinistra e oltre la sinistra.
Forse è vero che in un momento di crisi degli ideali, anche le idee fanno paura.
Le regole di uno stato democratico stracciate, i diritti calpestati. Ecco perché non è possibile dimenticare. Ogni abuso, ogni violazione dello stato di diritto è la premessa per un abuso successivo più grave e così via, fino alla catastrofe. Come non pensare che, se fosse stata fatta immediata chiarezza e fossero stati presi i dovuti provvedimenti, dopo quanto avvenuto a Napoli nel corso del Global Forum sull’e-government, forse a Genova non si sarebbero ripetute quelle scene di violenza per reprimere il pensiero antagonista.
La storia ce lo ha insegnato: alla difesa delle garanzie democratiche non si è mai abbastanza attenti. Ecco perché, a Genova, era giusto esserci. E ora è giusto non desistere nella ricerca della verità; per chi ha diritto di credere ancora nella giustizia; per chi non vuole oscurare la memoria; per Carlo, un ragazzo.