Eros Francescangeli, "L'incudine e il martello. Aspetti pubblici e privati del trockismo italiano tra antifascismo e antistalinismo (1929 - 1939), Morlacchi editore, pp. 375, 18 euro

La storiografia esistente sulla politica del Pci nei confronti della nascita e il consolidamento di tendenze politiche eterodosse costituitesi attorno al nesso fascismo/antifascismo non è ricchissima, così segnala fin dalle prime battute Eros Francescangeli presentando la sua ricerca storica sulla nascita della dissidenza trotskista all’interno del Pci negli anni dell’esilio e sui suoi sviluppi nel decennio che precede la seconda guerra mondiale (L’incudine e il martello. Aspetti pubblici e privati del trockismo italiano tra antifascismo e antistalinismo (1929-1939), Perugia, Morlacchi Editore, 2005). Nello specifico si lamenta la mancanza di una storia del trotskysmo e dei trockisti italiani e della Frazione di sinistra, i cosiddetti bordighisti, dal nome di Amadeo Bordiga. In quest’ambito il lavoro di Francescangeli apporta elementi nuovi di conoscenza sistematica sulle vicende che coinvolsero e travolsero i trotskisti italiani dopo essere stati espulsi dal Pci ed essersi legati al movimento internazionale che faceva riferimento a Trotsky.
L’arco cronologico preso in esame in senso stretto va dal 1929 al 1939. Gli eventi periodizzanti sono il X Plenum del comitato esecutivo dell’Internazionale comunista (luglio 1929) e il patto germano-sovietico dell’agosto 1939. Ricche ed esaurienti le fonti consultate, soprattutto per quanto riguarda lo spoglio della stampa italiana ed estera dell’epoca e ricerche compiute presso l’archivio di Stato che costituiscono il fulcro dell’indagine.
A partire dal dicembre 1929 ai vertici del Pci in esilio in Francia si sviluppava un acceso dibattito relativo al riorientamento del lavoro politico in Italia; sulla base della considerazione che il regime fascista fosse sull’orlo di una grave crisi economica e sociale, a seguito della crisi del ’29, si ritenne che occorresse impegnare un maggior numero di quadri nel paese per preparare la rivoluzione che stava per venire. Una scelta avventurista per i “tre” (Pietro Tresso, Francesco Leonetti, Paolo Ravazzoli), frutto di un’analisi politica affrettata e superficiale, adottata per compiacere la svolta in atto nell’Internazionale comunista. La storiografia comunista e non, aveva già affrontato questo tema, così come diverse ricerche avevano trattato la vicenda di Bordiga e la sua espulsione dal partito nel 1930, carente e insufficiente invece la narrazione delle vicende seguite alla loro espulsione dei “tre”, coinvolti nella costruzione dell’opposizione di sinistra di Trotsky e poi della Quarta Internazionale. Si trattò di un periodo storico nel quale, come annota con efficacia l’autore, i dissidenti vennero a trovarsi i mezzo tra l’incudine fascista e il martello staliniano, dopo essere stati messi “al bando dal partito”, per dirla con Umberto Terracini.
Considerati avversi al regime e avversi al partito, pagarono prezzi salatissimi sia nella sfera pubblica (militanza politica) sia in quella privata (vita quotidiana, attività lavorativa, affetti). La ricerca infatti non si limita all’analisi della dimensione politico-ideologica-organizzativa dei gruppi dirigenti, studia la dissidenza trotskista sotto il profilo politico e sociale, individuandone i limiti e i caratteri originari, le sue dimensioni, la sua diffusione, ponendo in evidenze continuità e rotture con la tradizione comunista ufficiale, la mentalità e le modalità dell’agire politico, i rapporti e le relazioni tra i militanti, delineando un ritratto, politico, sociale, umano dei protagonisti.
Uno dei deficit del trotskismo storico italiano, che Francescangeli rileva, fu l’assenza di una corrente politica che organicamente potesse allacciarsi al filone di pensiero e alle concezioni organizzative proprie dell’opposizione di sinistra internazionale. A differenza della dissidenza bordighiana, che aveva radici nelle origini stesse del Pci, quella trotskista prese corpo sul finire degli anni Venti. Sorta sulla base di obiezioni di natura prevalentemente organizzativa essa approdò, sulla base di una critica delle concezioni del socialfascismo, al movimento trotskista. Così il trotskismo italiano si trovò a dover agire “schiacciati” tra due anime, due pensieri forti, già vigenti nel comunismo italiano quello gramsciano e quello bordighiano. La stessa opposizione di sinistra, che conduceva all’epoca ancora una battaglia dal di dentro per la rigenerazione dell’Internazione comunista e dei partiti comunisti, era in stretto contatto con i bordighisti della frazione di sinistra del Pci, anche se le relazioni si stavano deteriorando e non favorirono certo rapporti e le relazioni fra i nuovi “trotskisti” italiani e i “vecchi” bordighisti, d’altronde i “tre” avevano votato, prima di essere a loro volta espulsi, per l’espulsione di Bordiga dal partito.
Nel maggio del 1930 nasceva la Nuova Opposizione Italiana (NOI) aderente all’Opposizione di Sinistra Internazionale (Osi), la proposta non era quella di veicolare una politica alternativa, bensì di proporre una critica costruttiva, una frazione del Pci che lavorasse all’interno per rovesciare la direzione togliattiana considerata succube della politica della frazione staliniana nell’Internazionale. Il gruppo, con l’aiuto della Ligue communiste, cominciò a crescere e a pubblicare, a partire dal 1931, il «Bollettino dell’opposizione comunista italiana», tirato, con una certa regolarità, in circa trecento copie. Legati politicamente e organizzativamente alla sezione francese, la Ligue Communiste, i pochi dissidenti italiani furono coinvolti nelle lotte interne, litigarono fra loro, svilupparono analisi e prospettive politiche divergenti. Crebbe la disomogeneità politica del gruppo, la situazione si fece tesa anche a causa dell’isolamento, dei personalismi della repressione.
La NOI si dissolse e crebbero, in quel momento, i contati con Giustizia e libertà, un aspetto, quest’ultimo, poco trattato finora della ricerca storica, che Francescangeli mette in evidenza e porta alla luce. L’ascesa al potere di Hitler in Germania nel 1933, letta dall’opposizione di sinistra come il “4 agosto dello stalinismo”, spinge Trostsky a lavorare politicamente per costruire una nuova internazionale, e nuovi partiti rivoluzionari. Con la politica dei Fronti popolari, adottata dal Comintern, i trotskisti francesi e italiani adottano la tattica dell’entrismo nei partiti socialisti, si ricostruisce una piccola sezione italiana, la Lega Comunista Internazionalista (bolscevico-leninisti), che edita dal 1934 «La verità».
Nel frattempo scoppia la guerra civile spagnola e alcuni di loro dalla Francia si recano a combatter in Spagna nelle file del Puom. Due anni dopo, nel settembre del 1938, quando si tiene il congresso di fondazione della Quarta Internazionale, al quale partecipa come delegato Pietro Tresso, il piccolo gruppo italiano nei fatti non esiste più, lo scatenamento della Seconda guerra mondiale nel 1939, l’invasione della Francia da parte dei tedeschi, l’eliminazione di Pietro Tresso da parte di sicari stalinisti, come appare omai accertato, aumentò le difficoltà. Solo nel 1944, nel Sud dell’Italia liberata ricomparirà un partito (il Partito Operaio Comunista) che verrà riconosciuto come sezione italiana della Quarta Internazionale fino al 1948, quando esso dovrà lasciare il posto ai Gruppi Comunisti Rivoluzionari che, dal 1950, cominceranno a pubblicare il giornale «Bandiera Rossa».

Diego Giachetti