La maturità: l’elaborazione di una nuova e originale cultura politica
(1983-1987)
 
 

1983

Il 1983 fu un anno di crescita per Dp, crescita sia organizzativa che di consensi, culminata con il ritorno in parlamento.
Fu un anno di intensa attività nella vita interna del partito, caratterizzata dall’elaborazione delle proprie proposte politiche e non più soltanto dalla necessità di "resistere" all’offensiva democristiana e padronale, che era riuscita a chiudere il ciclo di lotte iniziato alla fine degli anni sessanta.
Uno degli elementi principali della nuova cultura politica era l’ecologia. Si trattava di una questione centrale, su cui emergeranno in Dp due visioni al congresso di Riva del Garda del 1988, e su cui Dp subirà nel 1989 la scissione "arcobaleno". Questi fatti indicano che il modo di concepire l’ecologia non fu certo univoco all’interno del partito, ma visioni differenti andranno affermandosi dopo il congresso di Palermo.Fino ad allora, invece, comune a tutto il partito era l’idea di coniugare lotte operaie e lotte ecologiste. A Milano, dall’11 al 13 marzo, si tenne il convegno nazionale "Nuova ecologia e nuova sinistra: una nuova ecologia per l’alternativa ad uno sviluppo che produce distruzione dell’ambiente e della natura, che porta disoccupazione e povertà ed enormi spese per il riarmo nucleare". Obiettivo del convegno era far diventare le tematiche ambientali ed energetiche un momento centrale delle riflessioni sul modello di sviluppo considerato globalmente per quanto riguarda l’utilizzo delle risorse, la struttura dei consumi e l’organizzazione dei rapporti sociali. Si affermava la connessione fra ambiente, modo di produzione e struttura sociale capitalistica, per arrivare alla proposta di connessione tra movimenti ecologisti e fabbrica. Affermava Edo Ronchi nella relazione introduttiva: "Si considera il discorso ambientalista o quello per un’alternativa energetica che privilegi le fonti rinnovabili come un "lusso" utopistico, in un momento come quello attuale di violenta pressione padronale. A determinare questo clima sono state e sono decisive le scelte politiche dei partiti di sinistra: in particolare il Pci ha assunto fino in fondo il compito di forza che si candida per riqualificare e rilanciare il meccanismo di sviluppo e di accettare il nucleare come banco di prova delle capacità di governo della sinistra sul terreno delle tecnologie avanzate, identificando così ancora una volta le tecnologie "dure", su cui il capitale punta, come il terreno del progresso su cui la sinistra deve impegnarsi senza riserve. Se queste divaricazioni si approfondiscono si può cristallizzare una contrapposizione pericolosa: da una parte si arriverebbe a concepire l’operaio come un nemico o al più una figura sorpassata incapace di contribuire ai nuovi assetti sociali; dall’altra si consoliderebbe una linea di appiattimento e addirittura di sostegno attivo alle politiche energetiche padronali e una passiva sottovalutazione delle tematiche ambientali […] I compagni di Dp hanno sempre sostenuto la necessità di mettere a confronto le diverse esperienze e elaborazioni presenti nel movimento operaio e in quello energetico-ambientalista".
Da dove aveva origine l’attenzione di Dp all’ecologia e all’energia? Essa costituiva una novità rispetto alla sinistra storica, tradizionalmente "produttivista" e "industrialista", ed era una novità anche rispetto alle organizzazioni della sinistra rivoluzionaria, che consideravano l’ecologia un "lusso", quando non un inganno borghese. Probabilmente l’attenzione all’ecologia derivava da alcune tematiche di critica radicale del movimento del ‘77, oltre che alla questione dell’uso militare del nucleare. Affermava sempre Ronchi nella relazione: "La critica della politica, del suo machiavellismo e della sua separatezza, unita alla ricerca di una politica rivoluzionaria non solo nei fini ma anche nelle forme e nei mezzi di controllo e di protagonismo, diffusi e dal basso; la critica dello statalismo, non solo come lotta alla democrazia autoritaria, ma come rifiuto del monopolio del sistema dei partiti e affermazione del primato del sociale e della sua autorganizzazione; il rifiuto del primato dell’economia e delle sue presunte compatibilità obiettive che finiscono sempre col difendere il privilegio dei pochi; la ricerca e la pratica di nuovi valori in aperta rottura con quelli dominanti: questi sono un po’ i contenuti di fondo comuni ai nuovi conflitti e movimenti di questi anni".
Nodo centrale del discorso di Dp sull’energia era la questione nucleare, sia civile che militare. Il 7 maggio a Roma si svolse il convegno "Energia nucleare e armi atomiche", che vide la presenza, oltre a Ronchi, responsabile del dipartimento ambiente, e Semenzato, responsabile del settore problemi della pace, di docenti come Massimo Scalia, Gianni Mattioli, e di ricercatori come Giorgio Cortellessa. Dp non considerava l’ecologia e il pacifismo come questioni che si aggiungevano ai tradizionali campi d’intervento della nuova sinistra (lavoro, scuola e università, internazionalismo), ma come aspetti della critica al modello di sviluppo capitalistico. Il momento forse più indicativo di questo fu il convegno del 26 febbraio "Costo del capitalismo: ipotesi di un programma per l’alternativa, dal recupero all’utilizzo sociale delle risorse". Dp cercava di rendere evidente il nesso ecopacifismo-lotte operaie con iniziative di lotta, come il sostegno ad Alessandro Rossini, ingegnere "obiettore di coscienza" al nucleare, licenziato da un’azienda del gruppo Ansaldo per la sua decisione di volersi occupare di fonti alternative anziché di nucleare. Il nesso che legava ecologia e pacifismo era l’opposizione al riarmo nucleare, che prevedeva per l’Italia l’installazione dei missili Cruise a Comiso, in Sicilia. Dp partecipò attivamente al movimento per la pace, sia a Comiso che in tutte le città italiane. Il 19 marzo si tenne la manifestazione nazionale del movimento pacifista sulla piattaforma "no a Comiso, congelamento della spesa per armamenti, abolizione del segreto militare sul commercio delle armi, riconversione". Dp aggiungeva le sue proposte al movimento per la pace: disarmo unilaterale, non allineamento e autodeterminazione dei popoli, nonviolenza, struttura autonoma e democratica del movimento, uscita dalla Nato, rapporto con il movimento ecologista, in particolare antinucleare. Dp fu presente un po’ in tutte le iniziative del movimento pacifista, tra cui il referendum autogestito sui missili. Dal 14 al 16 novembre si svolse il dibattito parlamentare sui missili, dove Dp presentò una propria mozione, contro l’installazione dei missili in Italia, mentre la mozione del Pci si limitava a chiedere il prolungamento per un anno del negoziato di Ginevra. Forte fu la polemica col Pci durante tutto il movimento pacifista: Dp criticava il fatto che il Pci non chiedesse l’uscita dell’Italia dalla Nato e l’utilizzo strumentale del movimento pacifista. In settembre si tenne un seminario della direzione nazionale sulla pace e il disarmo.La relazione introduttiva venne tenuta da Semenzato che affermava:
1. sul terreno delle risorse bisogna ricercare un altro sviluppo alternativo ("con lo strangolamento finanziario e con la minaccia dei cannoni si impongono modelli di agricoltura e di sviluppo industriale che producono ricchezza per le multinazionali e fame per i popoli […] il modello capitalistico dimostra di non saper portare alcuna prosperità al Sud del mondo, ma anzi si sta accentuando la divaricazione tra Nord e Sud");
2. occorre dunque battersi contro l’equilibrio del terrore per contrastare il modello di sviluppo capitalistico;
3. infine la questione dell’opposizione all’intervento italiano in Libano.
Il 4 novembre, anniversario della vittoria nella prima guerra mondiale, tradizionale giornata di lotta pacifista, Dp organizzò iniziative in varie città, con le parole d’ordine "meno armi, più posti di lavoro, contro l’industria di guerra, per la riconversione in industria civile, per favorire la pace, lo sviluppo e l’occupazione".
La politica estera di Dp era improntata al disarmo unilaterale e, accanto al tradizionale sostegno ai movimenti di guerriglia e alle forme di lotta armata dei popoli del Terzo mondo, si affiancava la lotta nonviolenta.
Significativo fu l’impegno per il ritiro delle truppe italiane dal Libano: Dp denunciava il fatto che i soldati in Libano non fossero volontari, e alcuni fossero obbligati a partire nonostante si rifiutassero di farlo.Soprattutto esprimeva la preoccupazione che il contingente italiano non fosse al di sopra delle parti, ma a fianco del governo Gemayel. Il governo italiano aveva firmato due accordi: uno il 19 agosto per cui gli italiani andavano in Libano per "assicurare l’incolumità fisica dei palestinesi in partenza da Beirut" per una missione di un mese, e l’altro il 29 settembre per cui lo scopo della missione italiana diventava "ristabilire la autorità e sovranità del governo nella zona di Beirut, assistendo il governo e le forze armate".
Le nuove tematiche ecopacifiste si affiancavano all’impegno nel mondo del lavoro, dove Dp aveva acquisito un certo credito tra settori operai in seguito al referendum sulle liquidazioni. Anche nel corso del 1983 Dp sostenne la resistenza operaia, affermando il proprio no all’accordo sul costo del lavoro del 22 gennaio tra sindacati-governo-Confindustria. Il giudizio di Dp sull’accordo fu drastico: si trattava di sacrifici a senso unico, che colpivano solo il costo del lavoro, mentre si dimenticavano l’evasione fiscale e l’evasione dei contributi Inps. Secondo il giudizio di Franco Calamida, responsabile del dipartimento lavoro nazionale, l’accordo comportava un forte attacco al salario reale, sia in busta paga che in salario sociale. Dp polemizzava contro il sindacato, non più "gestore della mediazione, ma sindacato istituzionale, cogestore della crisi, liquidatore del sindacato dei consigli, e più in generale del sindacalismo partecipato nel protagonismo dei lavoratori, quale si è espresso negli anni settanta". Dp contrastò il sindacato anche nell’ottobre, in occasione della consultazione sulla scala mobile, quando Dp presentò alle assemblee di fabbrica una mozione alternativa, che giudicava negativamente l’accordo sul costo del lavoro e ribadiva la necessità di difendere la scala mobile.
Anche in quell’occasione Dp polemizzò col sindacato riguardo alla democrazia interna, definita "una farsa".
Sul terreno economico Dp non si limitava alle lotte di resistenza, come appunto quelle contro l’accordo del 22 gennaio e sulla scala mobile, ma avanzava tre proposte "per rompere il cerchio dei privilegi fiscali, per la difesa dei redditi dei lavoratori dipendenti e dei pensionati". Tali proposte riguardavano l’organizzazione di un nuovo sistema fiscale per lavoratori e pensionati, con un nuovo calcolo dell’Irpef, il funzionamento dei consigli tributari, l’istituzione di imposte alternative come la patrimoniale.
Accanto alle tradizionali tematiche del lavoro e alle nuove tematiche ecopacifiste, si cominciò a porre l’attenzione su un’altra tematica nuova: il federalismo per le "nazionalità minoritarie" all’interno dello stato italiano. Nel 1983 si svolsero i congressi dei partiti federati: Dp del Trentino e Dp del Friuli, partiti "nazionali" federati a Dp "italiana". Si trattava di una innovazione rispetto ai partiti della sinistra storica e anche rispetto alle organizzazioni della nuova sinistra.
In vista delle elezioni del 26 giugno, Dp lanciò una campagna di massa con l’assemblea dei delegati di Milano del 3 maggio sulle "quattro emergenze proletarie": disarmo e pace, contro la disoccupazione e per i servizi sociali, per la difesa dell’ambiente, per la difesa della democrazia. Dp si presentò alle elezioni come forza radicalmente alternativa, con lo slogan "con questa sinistra la Dc governa per altri 30 anni, votare Dp per cambiare davvero".
Le proposte di Dp erano: ridurre l’orario di lavoro, salario minimo garantito, lottare contro la disoccupazione, che è l’effetto delle scelte della Confindustria, contro la vergogna e l’iniquità del sistema fiscale che tartassa lavoratori e pensionati, favorisce l’evasione, per il disarmo unilaterale, no ai missili a Comiso, no alle spese militari, contro le centrali nucleari, contro l’inquinamento e il dissesto del territorio.
Alle elezioni Dp registrò un buon successo (547.000 voti, pari all’1,5%), rientrando così in parlamento con 7 deputati (Capanna, Gorla, Calamida, Pollice, F. Russo, Ronchi e Tamino).
Si afferma l’identità di Dp come il partito italiano più di sinistra, contrario a ogni compromesso, al contrario del Pci, e perciò radicalmente alternativo. Questa identità e queste differenze col Pci sono affermate dallo stesso Capanna nel suo intervento al congresso del Pci, dove critica i troppi compromessi fatti dal maggiore partito della sinistra, sia sul terreno della pace, dove per Capanna bisognerebbe lottare senza incertezze contro il terrore atomico e quindi per il disarmo unilaterale e per l’uscita dalla Nato, sia sul terreno della politica economica, dove, afferma Capanna, si è arrivati al pessimo accordo del 22 gennaio perché era stato impedito il referendum sulle liquidazioni l’anno precedente.
Dp si caratterizza sempre più nettamente come il partito della coerenza a sinistra. Come afferma la mozione della direzione nazionale del 17 e 18 dicembre, la situazione attuale è caratterizzata dall’offensiva reaganiana, guidata in Italia dal Psi ("che esprime oggi organicamente un progetto politico di stampo reaganiano"). Caratteristiche di questa offensiva sono "l’uso della forza nei conflitti interni e internazionali (leggi eccezionali, progressivo svuotamento degli strumenti di controllo popolare e istituzionale attraverso la concentrazione di poteri nell’esecutivo, trasferimento dei diritti individuali ai soggetti corporati, progressivo contenimento del conflitto sociale, attraverso vincoli all’esercizio del diritto di sciopero). Di fronte a questa offensiva, il Pci "non riesce a fare una vera opposizione perché questa richiede un progetto, un programma. È un limite insito anche nella sua cultura statalista che situa le scelte politiche nella sfera del comando e non nei processi di mobilitazione e conflitto sociale", oggi bisogna affrontare "domande come l’ambiente, la salute, la pace, la qualità della vita, la stessa democrazia".
Dp si esprimeva per la difesa e la qualificazione dei servizi sociali, oggetto dei tagli del governo Craxi, soprattutto i servizi sanitari. Dp si opponeva all’introduzione dei ticket, considerandoli una tassa sulla salute poiché le entrate dei contributi sociali di malattia, versate per la maggior parte da lavoratori dipendenti, bastavano a finanziare il servizio sanitario nazionale, e proponendo una riqualificazione e un riorientamento dei servizi sanitari nel senso di favorire la prevenzione anziché la medicalizzazione.
Sempre nel campo dei diritti sociali, rilevante fu l’attività di Dp nel campo della casa, sia l’attività di riflessione che l’organizzazione di lotte per la casa in diverse città italiane. Dp si opponeva alle proposte del ministro Nicolazzi sulla riforma dell’equo canone e fu, insieme all’Unione inquilini ed ai Comitati di lotta per la casa di Roma, promotrice della manifestazione nazionale del 21 maggio "per il diritto alla casa, per l’obbligo ad affittare, per il recupero urbano, contro l’aumento degli affitti". Le posizioni di Dp sulla casa erano per "il controllo pubblico delle aree e delle trasformazioni urbanistiche, per rilanciare l’edilizia pubblica". A Rimini il 5-6 marzo si svolse il seminario nazionale di Dp sulla casa, introdotto da Fabio Alberti, dove si rilanciavano le proposte di equo canone, recupero urbano, edilizia pubblica, autocostruzione.
Nel 1983 l’attività di Dp riguardava anche il terreno della riflessione teorica sulla crisi del marxismo. In occasione del centenario della morte di Marx, Dp organizzò il convegno "Cent’anni dopo Marx", con buon successo di pubblico e una qualificata presenza di relatori. La relazione introduttiva venne tenuta da Emilio Agazzi il quale, a proposito della crisi del marxismo, sosteneva che, in realtà, in crisi fosse il capitalismo, e che si stesse assistendo a "una sconfessione di tutto lo sviluppo ottocentesco e novecentesco, collegato all’idea di progresso […] ci si ritrova davanti al dilemma enunciato da Rosa Luxemburg: socialismo o barbarie". Gli atti del convegno saranno in seguito pubblicati sul primo numero della rivista teorica Marx centouno, promossa da Dp. Inoltre nel 1983 esce il nuovo mensile Democrazia proletaria, dopo tre numeri zero con la testata Lavoratori oggi, usciti tra il 1982 e il 1983.
Non manca, nel corso del 1983, l’impegno su questioni su cui Dp si era fortemente impegnata negli anni precedenti, come il garantismo. Alla ripresa autunnale dell’attività parlamentare, i deputati di Dp presentano una proposta di legge sulla carcerazione preventiva, per ridurne i termini (allora i detenuti in stato di carcerazione preventiva erano 27mila su una popolazione carceraria di 40mila).
 


1984

Nel 1984 si svolse, dal 7 al 14 febbraio a Roma, il quarto congresso nazionale. È un congresso di "stabilizzazione" della linea politica, dove si conferma la volontà di Dp di essere partito coerentemente di sinistra a fronte dell’offensiva conservatrice che non trova una valida resistenza nel Pci. La mozione finale afferma la necessità di "allargare il fronte di mobilitazione e di lotta contro i gravi e crescenti pericoli e attacchi che subiscono la pace, le condizioni di vita popolari, l’ambiente, la democrazia, contro la pesantezza e la globalità dell’attacco reaganiano, in Italia rappresentato dai partiti dell’attuale maggioranza di governo, all’insieme delle conquiste democratiche, economiche e sociali dei lavoratori e alla pace. Negli ultimi mesi quest’attacco ha subito una brusca accelerazione a seguito della politica del governo Craxi. Si è assistito infatti all’installazione dei missili Cruise a Comiso, all’approvazione di un bilancio dello stato tutto centrato sul taglio della spesa sociale (sanità, casa, pensioni, occupazione) e sullo svuotamento conseguente delle autonomie locali, all’attacco demolitore della scala mobile; ad attacchi continui alle garanzie democratiche e all’autonomia della magistratura, e quindi ai cardini dello stato di diritto, a nuovi record arroganti nella lottizzazione delle imprese pubbliche, a nuovi arroganti attacchi a quei settori della stampa che denunciano il malcostume e la corruzione dei partiti di governo, al rifacimento del concordato, al condono dello scempio edilizio del paese e al varo di una serie di proposte di legge che prevedono nuovi massicci trasferimenti di reddito dal salario e dallo stato ai ceti della proprietà urbana e fondiaria, mentre incombono milioni di sfratti e prosegue l’espulsione dei proletari e dei pensionati verso periferie inospitali".
Vi furono inoltre due mozioni integrative della mozione conclusiva, una sulla casa presentata da Simoni a nome della commissione casa e urbanistica, la seconda sulla pace presentata da Semenzato.La prima proponeva campagne di massa per il censimento popolare degli alloggi sfitti, una energica pressione sugli enti locali per la requisizione, l’organizzazione della lotta di sfrattati e senza casa.La seconda proponeva di saldare il movimento pacifista con il movimento operaio. Vi furono altre mozioni "di solidarietà" sul Cile, sul Guatemala, ai lavoratori dell’Alluminio Italia di Porto Marghera, dell’Om di Brescia, di saluto al movimento dei consigli. Tra i vari ordini del giorno, suscitò dibattito quello sulla morte di Andropov, poiché non si trattava certo del solito messaggio di formale cordoglio. Infatti così si esprimeva l’ordine del giorno: "Con Andropov muore il rappresentante di un regime oppressivo all’interno e aggressivo all’esterno delle proprie frontiere: anche in questa occasione la nostra solidarietà va a tutti coloro che nell’Unione Sovietica e negli altri paesi dell’Est si battono per il socialismo e per la libertà".
Venne eletta una direzione nazionale di 60 persone, che a sua volta il 18 febbraio elesse la segreteria nazionale composta da Capanna, Molinari, Pollice, Russo Spena, Saccoman, Semenzato, Tosi. Capanna venne eletto segretario nazionale. In seguito, la direzione nazionale del 16 luglio muta la composizione della segreteria: entrano Patrizia Arnaboldi, Saverio Ferrari, Massimo Gorla, Michele Nardelli, Giulio Russo, Luigi Vinci. Escono Molinari, che all’impegno di consigliere regionale lombardo aggiunge la carica di parlamentare europeo, Pollice, impegnato nel lavoro del gruppo parlamentare, e Tosi, che rafforza le strutture del partito in Veneto.
Dalla primavera all’estate, Dp è impegnata in una campagna di massa che consiste nelle raccolta di firme su tre proposte di legge di iniziativa popolare: per la pace, per il diritto alla casa, per l’equità fiscale, La proposta viene lanciata dall’assemblea dei delegati del 10 marzo, ed in settembre saranno state raccolte 50.000 firme. La proposta sui missili vuole dare ai cittadini il diritto di pronunciarsi sul tema della pace, quella sul fisco "vuole garantire una maggiore equità ai lavoratori che si trovano oggi a sopportare un crescente prelievo per effetto del drenaggio fiscale, attraverso detrazioni documentate delle spese essenziali dall’imponibile, in sostituzione dell’attuale detrazione fissa dell’imposta", la proposta sulla casa "intende regolare la dinamica dell’equo canone assicurando nel contempo la effettiva disponibilità degli alloggi e la giusta causa negli sfratti".
Sempre sulla casa, dopo le lotte organizzate da Dp e dall’Unione inquilini, è ormai patrimonio del partito considerare la casa come un "diritto sociale", perciò Dp si oppone alle proposte di Nicolazzi di modifica dell’equo canone tendenti a considerare la casa non come un bene sociale ma come un qualsiasi altro bene di mercato.
Il 1984 fu un anno di mobilitazione operaia, dei "consigli autoconvocati" per difendere la scala mobile e per opporsi al decreto con cui il governo Craxi tagliava la scala mobile. Dp affermava che il decreto era una sfida ai lavoratori, non serviva a combattere l’inflazione, ma solo a trasferire risorse dai salari ai profitti e denunciava l’atteggiamento "oscillante, compromissorio e contraddittorio" (in questi termini lo definisce Capanna in una lettera aperta a Berlinguer) del Pci, poiché non sostiene la richiesta di uno sciopero generale e ha garantito il numero legale in parlamento, consentendo che il governo ottenesse la fiducia.
La posizione di Dp sulla politica del Pci e del sindacato, giudicata debole e inadeguata a rispondere all’attacco governativo, viene da lontano, viene dalla critica alla "moderazione salariale proposta all’Eur come elemento di scambio all’interno di un ‘patto fra produttori’, recentemente riproposto dal Pci alla Confindustria, nel quadro di una illusoria modernizzazione del sistema capitalistico italiano, ha invece consentito al padronato di preparare indisturbato il suo piano di riscossa antioperaia, a partire dai giorni della Fiat, costituendo attorno a esso un nuovo blocco d’ordine, indebolendo la capacità di lotta del movimento, accentuando l’effetto dei meccanismi concorrenziali sul salario, la flessibilità e la selezione occupazionale, per giungere così a segmentare e far arretrare fortemente la coscienza stessa dei lavoratori" (da un documento della segreteria nazionale di settembre). Inizia a mutare la posizione di Dp sul sindacato: fin dalle sue origini, Dp aveva sostenuto e promosso l’intervento nel sindacato, considerato un terreno per le campagne di massa, ma ora vede la necessità di organizzare una nuova componente nella Cgil. Il 16-18 novembre ad Ariccia nascerà una nuova componente della Cgil, Democrazia consiliare, che fin dal nome esprime l’esigenza di contrapporre al modello corporativo-autoritario delle confederazioni, quello solidaristico-democratico dei consigli autoconvocati.
Nella battaglia contro i tagli alla spesa sociale, Dp riesce anche a ottenere alcuni piccoli successi nelle votazioni sulla finanziaria, riuscendo a fare approvare due emendamenti: con il primo si stanziavano 227 miliardi per l’aumento delle pensioni di guerra per invalidi civili e militari, pensioni dotate di un sistema di indicizzazione del tutto carente, col secondo si determina l’assunzione di alcune migliaia di insegnanti e condizioni migliori per gli handicappati a scuola.
Molto intensa, nel corso dell’anno, l’attività sul versante dell’ecologia, che non si esaurisce in convegni e riflessioni interne, ma si esprime nella promozione e nell’appoggio alle lotte contro le centrali nucleari e le megacentrali a carbone. A Latina il 13 luglio Dp promuove un convegno contro le centrali nucleari e a carbone, a cui partecipano quasi tutte le realtà di lotta contro l’insediamento delle centrali nucleari e a carbone: militanti di Dp e militanti ecologisti di Manduria, Avetrana, Viadana, Latina e del Garigliano, dell’Emilia e della Toscana in lotta contro le centrali del Brasimone e quella a carbone di Ravenna, oltre al comitato piemontese per il controllo delle scelte energetiche.
Dp presenta alla camera una proposta di legge per "l’eliminazione del piombo dalle benzine e per l’abbattimento delle sostanze inquinanti dagli scarichi degli autoveicoli", e un’altra sulle norme e procedure per la valutazione dell’impatto ambientale. Dp organizza inoltre lotte in alcune delle maggiori città italiane dove è sentito il problema dell’inquinamento nei centri storici, come a Bologna, dove proprio nel 1984 il Comune indice un referendum consultivo per la chiusura del centro storico.
Tra gli altri aspetti della situazione ambientale viene considerata anche la legge Merli a otto anni dall’entrata in vigore e a un anno dalla applicazione dei limiti di accettabilità degli scarichi idrici delle industrie. Dp avanza proposte per un suo miglioramento: il ciclo integrato dell’acqua, una depurazione effettiva ed efficace, norme che regolino il risarcimento dei danni.
Per quanto riguarda il dibattito teorico sull’ambientalismo, si conferma l’impostazione elaborata negli anni precedenti: al centro del discorso sull’ambiente è il nodo della qualità dello sviluppo, si riafferma l’esistenza di un rapporto tra ecologia e marxismo e il "carattere non settoriale dell’approccio ecologista" (come afferma Ronchi all’attivo del dipartimento ambiente dell’11 marzo a Milano).
Dal 1984, in Dp riprende l’attenzione verso il mondo cattolico, soprattutto in relazione al dibattito sulla teologia della liberazione, affermatasi in America latina e concretizzatasi nell’attenzione di molti uomini di chiesa latinoamericani alle ragioni dei poveri, e nell’esperienza nicaraguense, dove la chiesa è divisa tra un’ala conservatrice e un’ala di base che appoggia la rivoluzione sandinista, partecipando anche direttamente al governo. Il Vaticano condanna l’impegno politico dei sacerdoti e in settembre condanna il teologo Leonardo Boff.
Jervolino affermava che "la chiesa di papa Woityla, pur criticando i regimi dell’Est, si comporta come l’Urss, che non tollera il dissenso interno". La teologia della liberazione, accanto a valori quali la pace, l’ecologia, la nonviolenza, diventerà patrimonio di Dp, come sarà sancito anche da successivi documenti congressuali.
Nel 1984, dopo una lunga assenza, riprendono l’iniziativa le compagne di Dp. Il 14-15 luglio si tenne una riunione nazionale delle compagne, nella quale si affermava che "le compagne si sono lasciate trascinare nel vortice dei temi sollecitati in modo scadenzato e continuo da parte del partito, senza fermarsi un attimo a considerare il loro ruolo dentro questa struttura; ciò ha finito col cancellare spesso la loro specificità". La critica alla forma-partito e ai tempi e ai modi "maschili" della politica prosegue il 15-16 settembre a Milano, dove si tiene un’altra riunione nazionale delle compagne, in cui "è apparsa la consapevolezza di porsi come soggetto politico complessivo del partito che presenta strutture tradizionali, in cui troviamo difficoltà a esprimere i nostri contenuti". Nella riunione vengono individuati due terreni prioritari di iniziativa: lavoro (e non lavoro) e legislazione (aborto, divorzio, violenza, legge sulla parità).
Uno dei perni della politica pacifista di Dp è la sua opposizione alla Nato, considerata, diversamente dal Pci, come una organizzazione aggressiva. Il 19 e 20 maggio a Rimini si svolge il convegno nazionale sulla Nato, introdotto da una relazione di Semenzato dal titolo "Disarmo unilaterale, uscita dalla Nato, neutralismo attivo, difesa popolare, nuova cooperazione: i cardini di una reale politica di sicurezza" e da un relazione di Edo Ronchi su "Le strategie nucleari e convenzionali della Nato".Intervengono inoltre Andrea Rivas (del Cespi) su "le conseguenze del militarismo Usa sullo sviluppo economico del Terzo mondo", Domenico Gallo su "L’evoluzione istituzionale della Nato: dall’origine col trattato del Nord Atlantico al dispiegamento degli euromissili", un membro delle commissioni anti-Nato su "La presenza della Nato nel Mediterraneo".
La Nato viene vista come uno strumento di aggressione, finalizzato a mantenere un equilibrio del terrore tra Est e Ovest e aggressivo verso il Sud del mondo. Dp contesta alla radice la Nato, criticando il concetto di equilibrio del terrore e riproponendo il disarmo unilaterale. In aggiunta a questa critica all’equilibrio del terrore Est-Ovest, si considera la Nato uno strumento di aggressione contro i paesi della sponda Sud del Mediterraneo. Secondo Dp la politica estera italiana pratica un’imperialismo straccione, rispondente al ruolo assegnato all’Italia dalla Nato, di "contenimento" delle volontà di rivolta dei paesi arabi. Perciò Dp critica la spedizione italiana nel Mar Rosso, perché, come dichiara Capanna, "in questo modo l’Italia, dopo la spedizione in Libano, viene sempre più spinta ad assumere e svolgere il ruolo di netturbino militare dell’area mediorientale per conto degli Usa".
Alle elezioni europee di giugno Dp ottiene 497.182 voti, pari all’1,4% e un seggio nella circoscrizione Nord-Ovest. Il giudizio politico della segreteria nazionale sulle elezioni è positivo perché "i governi di ferro ne escono sconfitti ovunque, dalla Gran Bretagna all’Italia, dalla Germania al Belgio. La sinistra di opposizione si rafforza ovunque, in particolare i verdi tedeschi, i laburisti britannici, i movimenti verdi e pacifisti della nuova sinistra e dei socialisti in Danimarca, Belgio, Olanda, Lussemburgo […] In Italia soprattutto va rimarcata la sconfitta del craxismo, ovvero del tentativo sino a oggi più organico di unire alle politiche antioperaie e antisociali del reaganismo internazionale l’attacco alle libertà democratiche e alla costituzione". Per Dp "il risultato elettorale non è premiante, anche se raddoppia il risultato del 1979, rimane però ferma a quello del 1983 […] Avevamo aspettative di un risultato diverso, cioè di un incremento dei voti, soprattutto per il ruolo avuto nella battaglia dei lavoratori e dei consigli autoconvocati contro i decreti che colpiscono la scala mobile".
Il 24-25 giugno si tengono le elezioni amministrative parziali in alcuni comuni, Dp ottiene un risultato positivo, aumentando i voti delle europee e delle politiche dell’83. Il partito cresce soprattutto nelle realtà dove esiste una presenza sedimentata e una iniziativa politica, mentre c’è un calo alle regionali sarde (9.361 voti corrispondenti allo 0,9%, mentre alle politiche dell’83 i voti erano stati 14.618, 1,5%).
Nel 1984 si aprono spazi politici nuovi per Dp: il Pdup confluisce nel Pci, lo spazio politico che Dp vuole occupare come il partito più di sinistra non ha più concorrenti. L’identità di Dp, ben contenta di occupare questo spazio politico, è rivendicata da Capanna il 27 settembre in una lettera aperta a Lucio Magri, dove afferma che "il Pdup ha perso la coordinata essenziale (costruire una nuova forza politica a sinistra del Pci), praticata a parole ma disattesa nella pratica […] Con quale coerenza il Pdup, da tempo impegnato nella lotta per la pace contro i pericoli di sterminio nucleare, confluisce nel Pci che è sì contro i missili a Comiso ma accetta la Nato e dunque le migliaia di testate atomiche già da tempo collocate nel nostro paese?… Il Pdup è attivo nella lotta ecologica, e il Pci pochi mesi fa ha votato a favore della legge 8, che toglie agli enti locali ogni potere in merito all’installazione di centrali elettronucleari. Le domande potrebbero continuare numerose in merito ai problemi del lavoro, della democrazia, ecc.".
Le contraddizioni segnalate da Capanna, significano ovviamente specularmente per Dp scelte ben nette e un chiaro obiettivo politico, quello di costruire una forza politica autonoma a sinistra del Pci. Dp sottolinea molto la sua identità, contrapponendola a quella del Pci.
Afferma un manifesto di propaganda nell’inverno: "Governo e Pci, la finta opposizione: il Pci in Piemonte vota l’installazione di una centrale nucleare a Trino, in parlamento il 20 dicembre si astiene su un emendamento di Dp volto a impedire la vendita di armi ai paesi destinatari di aiuti straordinari, vota contro la riduzione, proposta da Dp il 16 novembre, delle spese che l’Italia sostiene per finanziare la Nato, l’8 novembre si astiene nella finanziaria su un emendamento di Dp contro l’esportazione di armi ai paesi in via di sviluppo, salva Andreotti astenendosi sulla mozione proposta da Dp. Senza opposizione coerente oggi non ci potrà essere alternativa di sinistra domani, rafforziamo Dp per la pace, il disarmo, la difesa dell’ambiente, per l’occupazione riducendo l’orario di lavoro a 35 ore a parità di salario".
Questa identità pare dimostrarsi pagante in termini elettorali e organizzativi.Nel 1984 viene fatta la prima campagna di tesseramento vera e propria, il che è in una certa misura una novità rispetto alle modalità di organizzazione delle forze della nuova sinistra, solitamente piuttosto "fluide". Il tesseramento ha un discreto successo, contando quasi 6.000 iscritti, contro i precedenti 3.000.
Uno degli episodi più significativi che caratterizzarono Dp come il partito italiano più di sinistra, non disponibile a nessun compromesso, è la vicenda della presentazione in parlamento il 4 ottobre di una mozione contro Andreotti, su cui il Pci si astiene.
Dal 14 al 16 dicembre si svolge a Milano la conferenza programmatica e di organizzazione, in cui forte è la consapevolezza di avere un’ipotesi politica chiara (creare un riferimento credibile a sinistra del Pci). La relazione introduttiva è tenuta da Capanna che nota come Dp stia passando a una fase propositiva, pur permanendo ancora "residui di psicologia resistenziale, di psicologia dell’agire nelle catacombe, che ci attraversano e ancora condizionano, con ogni sorta di timidezze e ritardi, il nostro agire politico. Dp è considerata come forza alla quale potrebbe dare il proprio voto il 12% dell’elettorato, e quasi un quarto dell’elettorato del Pci ci guarda con simpatia. Il 5% dei giovani al di sotto dei 25 anni oggi ci vota, Dp appare come forza al passo coi tempi e innovativa, dinamica e attendibile in larghi strati di tutta la società italiana. Dp è l’unico partito oggi in Italia coerentemente classista e coerentemente ambientalista".
Sulla identità di Dp e sulla necessità di rafforzare il partito interviene anche Russo Spena, affermando che "dobbiamo dare gambe più solide al nostro essere partito marxista di frontiera […] che difende occupazione e condizione operaia, ma insieme raccoglie e organizza la critica di massa allo sviluppo capitalistico, unifica lotta operaia e lotta ambientalista".
Come dimostra anche questa conferenza di organizzazione (la mozione finale è approvata con 163 voti favorevoli, 2 contrari e 9 astenuti), si è ormai creato un partito omogeneo che ha una linea e una identità definite.
 


1985

La crescita di Dp in termini di consensi e di militanti, ma anche in termini di aspettative e di nuovi compiti a cui far fronte, comportava una ristrutturazione delle strutture di lavoro nazionali, che pure erano già abbastanza ristrutturate rispetto ai primi anni di Dp. Il 2 e 3 febbraio la direzione nazionale decise la riorganizzazione degli organismi nazionali. Vennero creati alcuni dipartimenti e gruppi di lavoro: il dipartimento giovani-scuola, la commissione agricoltura, il gruppo di lavoro sulla questione cattolica. Altri vennero riorganizzati: il dipartimento problemi dello stato, il dipartimento mezzogiorno, il dipartimento esteri-pace, il dipartimento ambiente, salute e territorio, il dipartimento informazione e cultura, il dipartimento organizzazione, e infine il dipartimento economia-lavoro, che è quello maggiormente articolato in diverse strutture: una segreteria, un ufficio centrale, alcune commissioni di lavoro, gruppi di lavoro temporanei su argomenti specifici. Questa riorganizzazione è indicativa della molteplicità di compiti che Dp volle affrontare e una articolazione così ampia delle strutture di lavoro nazionali costituì una novità rispetto alle organizzazioni della nuova sinistra.
Nel 1985 Dp dovette affrontare due scadenze significative: le elezioni amministrative e il referendum promosso dal Pci contro il decreto di San Valentino del governo Craxi.
Le amministrative del 12 maggio vedono una buona affermazione di Dp, che aumenta i voti ottenuti nelle politiche dell’83, soprattutto nelle grandi città. Nei consigli comunali, su 423 liste presentate, Dp ottiene circa 150 consiglieri.In totale Dp dispone di circa 500 rappresentanti negli enti locali. Nella direzione nazionale del 18 maggio, nella relazione introduttiva, Russo Spena compie un’analisi molto realistica e non trionfalistica: constata che "il voto indica una richiesta di normalità, una domanda di sicurezza e stabilità: la società civile, nel suo 60%, si è riconosciuta nel sistema politico, perché in assenza di una prospettiva, di valori alternativi, di percorsi visibili, è arretrata nel neocorporativismo".
Subito dopo, il 9 giugno, si svolge il referendum, a cui Dp arriva dopo mesi di polemica col Pci riguardo alle gestione della campagna referendaria: Dp contesta al Pci la volontà di "barattare" il referendum, ipotesi a cui Dp si oppone perché "occorre una risposta decisa, capace di fermare l’attacco padronale", come afferma la direzione nazionale del 2 febbraio.
Il referendum vide la vittoria del no. La valutazione della segreteria nazionale fu che la sconfitta era dovuta alla drammatizzazione operata da Craxi, che aveva minacciato la rovina delle pensioni e dell’occupazione. Il no aveva vinto al Nord per la mobilitazione dei ceti medi, fenomeno che diventa importante perché "la ristrutturazione ha prodotto una nuova stratificazione sociale su valori concorrenziali organici alla politica dei meriti craxiani". In questa situazione "Dp ha oggi davanti un compito enorme, quello di liberare il voto proletario del Psi, la coscienza classista del Pci, di aprire un dialogo col mondo cislino sulle grandi idealità della lotta per il lavoro, ma anche di riuscire a dare sbocco alla protesta sociale del meridione, a ricucire i diversi spezzoni in cui si è diviso il proletariato. Occorre liberare il conflitto e l’antagonismo presente nel paese reale". La voglia di moderatismo prevalente in Italia, l’impasse del Pci e i compiti di Dp di agire per dare alla crisi del Pci uno sbocco di sinistra furono al centro anche dell’analisi del voto condotta il 29 giugno dalla direzione nazionale. Saccoman, nella relazione introduttiva, individua come elemento centrale della fase politica un ciclo moderato, mentre arriva la crisi del partito pigliatutto, il Pci, e questo è l’elemento centrale su cui si deve svolgere l’attività di Dp: "Siamo giunti a un appuntamento che possiamo senza enfasi ritenere ‘storico’ all’interno delle tormentate vicende della nuova sinistra, una crisi culturale, di orientamento, politica del Pci sulla quale dobbiamo incidere perché non abbia uno sbocco naturale esclusivamente a destra. Tanto più, allora, è necessario che emerga, nella prossima fase, tutta la nostra alternatività, la nostra autonomia strategica e organizzativa, non massimalista, ma fondata su una più forte progettualità, propositività, su una critica più radicale del modello di sviluppo e di governabilità, sulla prospettazione ‘controcorrente’ di altri valori rispetto a quelli dominanti". Veniva quindi confermata la scelta di divenire un referente credibile alla sinistra del Pci, attraverso varie iniziative.
Il 31 gennaio si tenne il convegno "Contro i concordati vecchi e nuovi, per la libertà di coscienza ai credenti e non credenti". In occasione del voto in parlamento sul Concordato stipulato da Craxi il 18 febbraio, approvato col voto contrario di Sinistra indipendente e Dp, Dp si presenta come difensore del valore della laicità dello stato, in polemica col Psi e col Pci che avrebbero abbandonato questo valore. Come afferma una nota del dipartimento problemi dello stato: "La sinistra tradizionale ha finito per abbandonare completamente le proprie tradizioni laiche. Il concordato concede privilegi in campi delicatissimi: matrimonio, scuola. Per la prima volta lo stato italiano mutua da un altro ordinamento e da una ideologia, quella della chiesa, i contenuti del "bene comune", infatti l’art. 1 afferma che "Stato e Chiesa si impegnano in una reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del paese".
Anche con altre iniziative, un po’ in tutti i campi, Dp si vuole proporre come partito coerentemente di sinistra, come con la proposta della riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore o con la difesa dello stato sociale (dall’1 al 3 dicembre a Roma si svolge il convegno nazionale "Welfare State: si può distruggere qualcosa che non è mai esistito?"), o ancora con la presentazione in dicembre di una proposta di legge per l’uscita dall’emergenza, che propone l’amnistia e l’indulto (per "tornare allo stato di diritto, incrinato dalle leggi speciali"), o infine con l’affermazione netta dell’importanza dei diritti individuali che viene affermata durante la discussione della legge sulla violenza sessuale: mentre la Dc contesta la procedura d’ufficio e vuole disparità di trattamento giuridico tra persone coniugate e non, Dp intende invece la violenza come reato contro la dignità della persona e non contro la morale.
Uno degli elementi centrali dell’identità e della cultura politica di Dp che si va definendo è un rinnovato interesse internazionalista e terzomondista, che nel 1985 si sviluppa anche sull’onda dell’interesse per le lotte dei neri sudafricani e dei sandinisti nicaraguensi. Dp organizza iniziative in appoggio all’Anc e per il boicottaggio del regime razzista e suscita una certa eco sulla stampa la richiesta di Dp a Enzo Ferrari di non mandare le sue macchine al gran premio di Kyalami. Dp organizzerà campagne di boicottaggio alle banche che concedevano prestiti al Sudafrica, e denuncerà che spesso le sanzioni dei paesi occidentali sono più proclamate che effettive, anche per quanto riguarda il commercio di armi, che le più grosse aziende italiane continuavano a praticare (Fiat, Piaggio, Aermacchi, Beretta, Contraves-Selenia, Oto Melara, Siai-Marchetti, Aeritalia).
Ma soprattutto l’esperienza sandinista influenzò la cultura politica di Dp, come sarà poi sancito dalle successive tesi del congresso di Palermo del 1986. Dp considerava il sandinismo un riferimento concreto, come un’esperienza di socialismo libertario e non totalitario, non allineato, con un grande impegno per i diritti sociali delle classi povere.
Come affermava una nota della segreteria nazionale di settembre: "L’originalità democratica, libertaria e antistatalista del processo di trasformazione sociale del Nicaragua rompe il bipolarismo internazionale […] Tutte le questioni fondamentali, dalla democrazia alla salute, dall’economia ai diritti civili, dall’istruzione allo stesso processo penale sono stati affrontati in condizioni drammaticamente difficili, con uno spessore culturale e strategico incomparabile non solo con tutti i paesi del Terzo mondo ma anche con molte delle democrazie occidentali. La riforma per il diritto alla salute fisico-mentale è unanimemente riconosciuta come una delle più significative del mondo, in Nicaragua non esistono né ergastolo né carcerazione preventiva, diverse amnistie sono state concesse e ampiamente estese anche agli stessi capi della contra, il Nicaragua è tra i rari paesi latinoamericani a non essere menzionato nei rapporti di Amnesty International, il progetto di tutela della minoranza e di autonomia degli indios misquito della costa atlantica è fra i più avanzati al mondo. A questa ‘anomalia’ gli Usa hanno risposto con l’aggressione e il blocco economico, l’Urss con il tentativo di ‘satellizzazione’, l’Europa con il complice nullismo e la totale subalternità agli Usa".
Dall’autunno ‘85 inizia la fase preparatoria dell’xi congresso della Cgil, che si svolgerà dal 28 febbraio al 4 marzo 1986.
Democrazia consiliare presenta alcuni emendamenti alle tesi, che consistono nei seguenti punti:
1. giudizio negativo sull’operato del governo e conseguente necessità di una dura battaglia contro le sue scelte strategiche e di costante impoverimento della classe lavoratrice;
2. per le 35 ore settimanali a parità di salario e la cassa integrazione a zero ore;
3. grado di copertura e cadenza della scala mobile, salario minimo garantito;
4. rifiuto del legame fra salario e produttività, validità dell’inquadramento unico.
L’autunno è caratterizzato dal movimento studentesco dell’85, il più importante movimento studentesco dalla fine degli anni ‘70. Il movimento parte dal Liceo Artistico di Milano, per protestare contro la carenza di aule, e coinvolge presto altre scuole in tutta Italia per lo stesso motivo. La posizione di Dp è di andare oltre queste rivendicazioni, partendo sì da esse, ma per arrivare a criticare la finanziaria, vista come culmine del processo di smantellamento dello stato sociale, processo per cui gli studenti, in particolare universitari, devono pagare tasse altissime per accedere all’istruzione e il cittadino deve pagare, con il ticket, il diritto alla salute. Alla fine il parlamento stanzia 4.000 miliardi per l’edilizia scolastica e Pci e Fgci se ne vantano come di un proprio successo, mentre Dp rileva la contraddizione tra "uno stato che proclama il diritto allo studio nella propria carta costituzionale, salvo poi farlo rimanere tale (cioè una bella affermazione di principio) nella pratica quotidiana" e soprattutto, al contrario di Pci e Fgci che volevano porre al movimento solo obiettivi "sindacali", Dp sottolinea invece il diritto degli studenti alla critica del sapere e allo studio critico.
Dp riesce ad avere un ruolo, significativo per quanto piccolo, nel movimento degli studenti, a partire proprio da Milano dove il movimento è nato. Proprio sulla base dei consensi acquisiti in seguito al movimento dell’85, Dp riesce ad avviare negli anni seguenti in diverse città una attività tra gli studenti medi e universitari, settori in cui Dp era quasi totalmente assente dai primi anni ottanta. Viene costituito anche il dipartimento scuola, che in seguito svilupperà iniziative contro l’ora di religione e di sostegno ai Cobas degli insegnanti.
Il 17 settembre Saverio Ferrari, membro della segreteria nazionale, è arrestato nell’ambito dell’inchiesta del bar di largo Porto di Classe a Milano (l’assalto a un bar frequentato da fascisti, avvenuto dieci anni prima). Con lui vengono arrestate altre 12 persone, alcune delle quali militanti di Dp, tutti comunque ex membri di Ao della cellula della facoltà di medicina dell’Università statale, sia per l’inchiesta sull’assalto al bar di via Porto di Classe, sia per l’inchiesta Ramelli (l’omicidio di un giovane militante fascista), anche questo fatto accaduto a Milano dieci anni prima.
La reazione fu durissima. Ciò fu considerato come un attacco a Dp, sia perché riguardava suoi militanti, tra cui un dirigente nazionale, sia perché era inteso a criminalizzare le lotte degli anni settanta, di cui Dp si considerava l’erede. Come affermava un comunicato della direzione nazionale: "Questi arresti ripropongono una lettura in chiave giudiziaria degli anni settanta rilanciando il pentitismo e la cultura dell’emergenza. Che ragione c’era per arrestare il compagno Saverio Ferrari proprio nella sede nazionale di Dp e come mai è stato interrogato solo dopo ben 13 giorni dall’arresto? Fa parte della deontologia professionale del giudice che egli, prima ancora di interrogare gli arrestati, tenga una conferenza stampa?… C’è un legame tra l’inchiesta e il salto di qualità che rappresenta l’insieme dei provvedimenti contenuti nella legge finanziaria. Non siamo infatti solo a 10 anni dalla più imponente mobilitazione popolare nella storia del nostro paese, ma anche a 10 anni dalle sue conquiste: la scala mobile, lo statuto dei lavoratori, la riforma sanitaria, la chiusura dei manicomi, la legge per la casa, la sconfitta delle ipotesi eversive della destra fascista. Non è sufficiente distruggere queste conquiste, ma è necessario prosciugare il retroterra culturale e cancellare la memoria storica delle lotte che a queste conquiste avevano portato".
 


1986

Il tesseramento del 1986 venne lanciato con lo slogan "idee nuove per l’alternativa". La costruzione dell’alternativa è al centro anche del quinto congresso nazionale che si svolse a Palermo dal 22 al 27 aprile, all’insegna dello slogan "Al bivio del duemila, idee e progetti per l’alternativa". La scelta di Palermo non fu casuale: sia per dimostrare il radicamento di Dp, sia per indicare l’attenzione al Sud del mondo e all’area del Mediterraneo in particolare, teatro in quel periodo delle aggressioni aeree alla Libia.
Quello di Palermo rappresentò il congresso della "maturità" di Dp, nelle tesi del quale giunge a compimento l’elaborazione di una cultura politica originale. Anche se il congresso del 1988 sarà anch’esso unitario, il "documento dei cento" indicava come nel partito vi fossero due modi di intendere l’ambientalismo (divaricazione che sfocerà poi nella scissione arcobaleno), a Palermo invece la cultura politica era omogenea. Il fulcro delle tesi è la critica allo sviluppo capitalistico: "Il capitalismo storicamente pretende di presentarsi come ininterrotto promotore del progresso scientifico e tecnologico e del benessere. Oggi è invece sempre più netta la contraddizione fra le potenzialità dello sviluppo scientifico e tecnologico, che potrebbe offrire nuove grandi possibilità di liberazione dal bisogno, di uguaglianza e di democrazia, e la determinazione capitalistica della scienza e della tecnologia, che comporta rischi crescenti di olocausto e di ecocidio: per cui il dilemma del nostro futuro sembra essere fra bruciare nel fuoco nucleare o soffocare nei nostri rifiuti, a meno della liberazione dell’umanità dal capitalismo, ossia dalla riappropriazione da parte della società del dominio su se stessa".
Nel capitalismo è immanente la tendenza al ristagno e alla guerra, la necessità di saccheggiare natura e risorse: "Le devastazioni ambientali derivano dal rapporto patologico fra produzione capitalistica e natura. Infatti il profitto capitalistico valuta le risorse come sfruttabili senza limiti, le considera non in termini di valori d’uso ma solo sulla base della loro reperibilità e senza curarsi della loro disponibilità futura […] Esso le considera di fatto come illimitate, e perciò sprecabili, cioè come "non economiche". Né l’inquinamento viene considerato un costo, da parte del capitale, che compromette così per interessi individuali beni collettivi".
Il capitalismo viene visto come un sistema mondiale, e "la struttura di classe di una società non può essere colta da una osservazione limitata al livello nazionale", borghesia e proletariato sono due classi mondiali.
L’origine del sottosviluppo è da ricercarsi nei "sistemi economici "eterodiretti", ovvero il sottosviluppo sarebbe determinato e imposto ai paesi dal Terzo mondo dai paesi capitalistici, che dirigono l’economia mondiale, nella quale i paesi del Terzo mondo hanno la funzione di fornire materie prime e manodopera a basso prezzo, e anche risorse finanziarie (debito, armamenti) ai paesi del "centro", sostenendo così di fatto il loro sviluppo anziché il proprio.
Particolare attenzione è dedicata al reaganismo, lo strumento "per rilanciare con forza l’egemonia economica, politica e militare degli Usa sull’occidente e sull’intero pianeta. Contemporaneamente e per il medesimo motivo si è trattato di una rapida ridistribuzione del reddito sociale a maggior vantaggio della borghesia e delle aree sociali intermedie, e quindi del drastico ridimensionamento sia dell’esazione fiscale che della spesa statale in servizi sociali e a supporto dell’occupazione […] L’Europa occidentale è stata sottoposta dal reaganismo a operazioni e a pressioni brutali, che in larghissima misura ha subito, nonostante gli stessi intendimenti iniziali di resistenza, poi capitolati, dei governi riformisti (Mitterand, Gonzalez). L’iniziativa reaganiana si è articolata fondamentalmente su due piani: il fortissimo rialzo del tasso d’interesse primario da parte del sistema bancario Usa, ciò che ha spostato immense risorse finanziarie dall’Europa occidentale agli Usa, e una forte pressione politica per imporre agli alleati europei della Nato la compartecipazione alla politica di riarmo (aumento della spesa militare del 3% annuo, installazione dei missili Cruise e Pershing)".
Il riformismo non è stato quindi in grado di reggere all’offensiva reaganiana e di uscire dalla crisi dello stato sociale. "La sinistra riformista occidentale ha coltivato l’illusione dell’emancipazione dei ‘lavoratori metropolitani’ non attraverso l’unità mondiale degli oppressi ma attraverso la partecipazione subalterna allo sfruttamento del Terzo mondo".
Craxi e il Psi vengono considerati come le forze del reaganismo italiano, con un cambiamento rispetto ai governi a guida Dc, che cercavano di smorzare e integrare, col clientelismo, tutte le spinte che minacciavano di incrinare il sistema. Drastico è il giudizio sul Psi, irrecuperabile a un’ipotesi di sinistra: "Il Psi non è definibile come forza dotata di programmi e di valori […] Craxi intende situare il Psi come forza di ricambio della Dc in una sostanziale continuità di regime, anzi con un’accentuazione degli aspetti parassitari, infiltrandosi nel suo stesso blocco sociale, a partire dalle aree intermedie, alle quali il Psi tende a presentarsi come forza laica e moderna ma anche come garante della continuità dei loro privilegi, e dando la scalata all’industria e alla finanza di stato, anche per rastrellare le risorse per ampliare le attività assistenziali e clientelari e per realizzare il controllo di parte congrua dei mezzi di informazione, usando inoltre legami spregiudicati con attività economiche e quote di potere illegali, come fanno fede i numerosi processi in tutto il paese a esponenti del Psi".
Il sindacato va verso un modello neocorporativo: "La concertazione espressa dalla politica dell’Eur, neocorporativa, ha via via ridotto il sindacato italiano a un gruppo di interesse subalterno alle compatibilità del sistema capitalistico".
Per l’alternativa, le tesi propongono un radicalismo alternativo che comporta la trasformazione profonda dell’attuale sinistra: "Gran parte del Pci è oggi nelle pastoie della crisi di prospettive susseguente al fallimento delle politiche riformiste operate nell’intero dopoguerra, e gran parte del Psi è stata addirittura catturata dal reaganismo […] Le premesse di una politica di alternativa […] stanno perciò nella duplice sconfitta del craxismo nel Psi, come pericolosa succursale italiana del reaganismo e come organico disegno antidemocratico e autoritario, e del moderatismo nel Pci e nei sindacati".
L’alternativa proposta deve essere pacifista, socialista e libertaria, e deve mirare a costruire un diverso modello di sviluppo, dove il calcolo economico sia fondato sull’utilità sociale: "La massimizzazione del profitto individuale immediato è indifferente all’utilità sociale". Lo sviluppo deve essere "autocentrato", ovvero il contrario di eterodiretto, deve essere fondato sul soddisfacimento dei bisogni e non sul perseguimento del massimo profitto. "Un progetto di economia alternativa deve necessariamente partire dalla critica radicale alle ideologie e alle pratiche dello sviluppo quantitativo e accentrato, fondato sulla forzatura dei volumi e dei ritmi produttivi e sullo spreco di lavoro e risorse. Occorre così porsi il problema della qualità dello sviluppo: di cosa, come, per chi produrre. Si tratta di una diversa razionalità dell’assetto economico e sociale, centrata sulla salvaguardia e sull’uso benefico delle risorse, sull’egualitarismo nella distribuzione del lavoro, del reddito e dei servizi, sull’autogestione e sulla democrazia, del tutto incompatibile con il capitalismo. Un’economia autocentrata si regge dunque su valori alternativi di classe, sulla trasformazione socialista di tutti i rapporti sociali, sull’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione, sull’affermazione della loro proprietà sociale, sulla piena sovranità popolare […] Sviluppo autocentrato e lavoro liberato significano anche necessariamente ecosviluppo".
La concezione del socialismo di Dp è in netta rottura con quella della sinistra storica: "Il socialismo è una formazione sociale democratica e autogestita, caratterizzata da diritti e libertà", si rifiuta il modello burocratico dell’Est. "La critica radicale di Dp non è volta solo contro il modello occidentale o terzomondista del capitalismo, ma anche contro il modello borghese-burocratico dell’Est. Esso si configura come antidemocratico, antiproletario e autoritario sul piano dei rapporti politici; il potere vi è concentrato nelle mani del vertice del partito ‘comunista’, non v’è partecipazione o controllo anche minimi dal basso".
Dp individua come terreni di scontro più immediati e urgenti il disarmo in Europa e nel Mediterraneo, l’appoggio allo sviluppo e all’indipendenza del Sud del mondo, la lotta per l’occupazione, dove propone un piano per il lavoro, la difesa dell’ambiente, il risparmio energetico e l’uso di fonti rinnovabili, una politica fiscale egualitaria, l’espansione e riqualificazione dei servizi sociali, il salario sociale e pensioni adeguate, la liberazione della donna, la difesa, la qualificazione ed effettiva realizzazione del diritto allo studio, il ripristino della democrazia nei sindacati, la lotta ai poteri criminali, la democrazia nel sistema informativo.
Il congresso di Palermo è importante perché indica l’apice della prospettiva strategica di Dp perseguita già da alcuni anni. È la prospettiva del rafforzamento di Dp come partito per costituire un’alternativa alla sinistra del Pci, con la proposta di un comunismo rinnovato e arricchito dall’ambientalismo, in senso libertario e dei diritti individuali. Questa prospettiva rimarrà valida fino al successivo congresso del 1988, quando la prospettiva di Dp sarà indicata nella costruzione di un movimento politico e sociale per l’alternativa, mentre una parte di Dp indicherà invece come prospettiva lo sbocco nell’area verde.
Il 1986 fu l’anno della catastrofe nucleare di Cernobyl. Subito dopo quel disastro un largo spettro di forze promosse tre referendum contro il nucleare, con la raccolta di oltre un milione di firme, 600.000 delle quali raccolte da Dp. La questione energetica era considerata da Dp come centrale, perché la critica all’uso dell’energia e al tipo di energia usata costituiva una critica al modello di sviluppo capitalistico. Pertanto Dp proponeva un contropiano energetico e avanzava proprie proposte alla conferenza nazionale sull’energia, organizzando lotte ambientaliste, la più significativa delle quali fu la campagna contro alcune industrie del gruppo Montedison che scaricavano residui inquinanti nell’Adriatico. Contro la Montedison, Dp, insieme ad altre associazioni ambientaliste, organizza una campagna di boicottaggio della Standa (di cui la Montedison era allora proprietaria). Anche qui Dp sottolinea come l’inquinamento sia dovuto alla necessità del capitalismo di fare profitti a scapito dell’ambiente.
Nel settore della politica estera, nel 1986 Dp promosse due iniziative che ebbero una certa eco esterna. Una fu la visita di Capanna a Gheddafi in solidarietà a seguito del bombardamento statunitense alla Libia, l’altra è l’approvazione in parlamento, il 4 giugno, della mozione proposta da Dp che impegna il governo italiano a riconoscere l’Olp come unico legittimo rappresentante del popolo palestinese.
Il congresso di Palermo confermò comunque che Dp era un partito, per quanto piccolo, che, proponendo un’alternativa complessiva, voleva agire su tutti i settori della vita sociale. Questo conferma, sul piano dell’organizzazione interna, la suddivisione in strutture dipartimentali che coprono i vari aspetti della vita sociale ed economica del paese; questa suddivisione organizzativa, che esisteva già dal 1985, viene confermata dalla direzione nazionale dell’11 ottobre, che si limita a qualche ampliamento di competenze dei dipartimenti e alla ridefinizione delle responsabilità. Per quanto riguarda gli organismi dirigenti, col congresso di Palermo nacque un nuovo organismo, l’ufficio politico, che avrebbe dovuto avere un ruolo intermedio tra segreteria e direzione, sia per quanto riguarda il ruolo (intermedio tra gestione quotidiana del partito e definizione della linea politica nel breve periodo) che la composizione (era più ampio e rappresentativo della segreteria e meno che la direzione). Esso era infatti composto dai membri della segreteria (la direzione nazionale di 65 membri eletta a Palermo votò, con cinque astensioni, una segreteria composta da Capanna, Arnaboldi, De Petris, Gorla, Nardelli, Russo Spena, Saccoman, Semenzato) più Barzaghi, Confalonieri, Ferrari, Jervolino, Molinari, Neri, Nocera, Pezzi, Ronchi, G. Russo, Tonelli, Vinci, Patta. L’ufficio politico sarà abolito nel 1988 col congresso di Riva del Garda.
 


1987

Alle elezioni politiche di giugno Dp arrivò sull’onda di un discreto rafforzamento organizzativo (nel 1987 gli iscritti saranno 9.153) e di simpatie acquisite in seguito alla raccolta di firme per i referendum antinucleari. La campagna elettorale fu condotta all’insegna degli slogan "Le grandi ragioni dell’alternativa", e "Per costruire l’opposizione, cambiare la sinistra, progettare l’alternativa", che indicano la prospettiva stabilita dal congresso di Palermo di un rafforzamento di Dp per costruire, nel lungo periodo, l’alternativa di sinistra.
Alle elezioni Dp raggiunse il suo massimo storico (642.021 voti, pari all’1,7%) eleggendo 8 deputati (Capanna, F.Russo, Russo Spena, Tamino, Guidetti Serra, Arnaboldi, Cipriani e Ronchi) e un senatore (Pollice).
Alla prima riunione della direzione nazionale dopo le elezioni, il 20 e 21 giugno, Capanna si dimise da segretario, e alla segreteria venne eletto Russo Spena. Insieme a lui, la nuova segreteria era composta da Arnaboldi, De Petris, Gorla, Nardelli, Saccoman, Semenzato. Le ragioni delle dimissioni di Capanna non furono un fatto secondario o un semplice avvicendamento, ma quell’episodio fu al contempo la conclusione di una vicenda (la gestione del partito da parte di Capanna, che aveva visto il consolidamento di Dp, ma anche contrasti tra Capanna e gli altri dirigenti non di sua fiducia) e la prima puntata di una crisi lunga e complicata che si concluderà con la scissione arcobaleno. L’episodio che diede origine alle dimissioni di Capanna fu il rifiuto, da parte della direzione nazionale, della sua proposta di non fare entrare in parlamento Cipriani (attraverso il gioco delle opzioni, poiché Capanna era stato eletto in più circoscrizioni). Di fronte al rifiuto, Capanna si dimise, le dimissioni vennero respinte ma Capanna le reiterò, per cui fu necessario eleggere un nuovo segretario. E se con questo si concludeva la gestione di Capanna, iniziava però la crisi di Dp. La linea politica mirante a una crescita di Dp a spese del Pci si dimostrò non sufficentemente pagante, come dimostrò il limitato incremento elettorale, e iniziò perciò la ricerca di nuove strade. È emblematico che le dimissioni di Capanna avvengano nel momento in cui la politica di concorrenza al Pci mostra di aver conseguito il massimo che poteva conseguire sul piano elettorale. Se, come si è detto, le dimissioni di Capanna avvennero non per valutazioni sulla linea politica ma su un fatto contingente, il cambio della segreteria è sintomatico di questa crisi. Quanto di ciò fossero consapevoli Capanna e gli altri dirigenti di Dp non è riscontrabile dalle sole fonti documentarie, ma dall’analisi del voto fatta dalla direzione nazionale.Pur riconfermando la validità della linea politica fin allora perseguita, si cominciano a intravvedere elementi di crisi della strategia perseguita da Dp. Infatti anche nella relazione introduttiva, Semenzato rileva che Dp ha avuto un incremento dei voti del 18,4% (provenienti da Pci e aree pacifiste che votavano Dc), soprattutto nei grandi centri urbani del Centro-Nord, nonostante la difficoltà del terreno elettorale dovute all’affollamento a sinistra, con liste del Pci infarcite di vecchi compagni della nuova sinistra e la presenza dei verdi. A ciò va aggiunta l’assenza di lotte significative e una campagna politica tutta incentrata sui temi istituzionali, che prescindeva largamente dalle lotte sociali, l’humus di Dp, scontrandosi invece sulle formule di governo da cui naturalmente Dp era strutturalmente esclusa. Il voto viene considerato come un consolidamento dell’influenza di Dp, che ha registrato una buona tenuta nonostante le liste verdi, le più dirette concorrenti. Afferma sempre Semenzato: "Il consolidamento del nostro risultato elettorale è dunque il frutto di una proposta politica equilibrata che ha saputo operare una sintesi fra progettualità politica e radicalità sociale, fra lotte proletarie e battaglie ambientaliste, rivolgendosi tanto alla sinistra politica e sociale che alle aree avanzate del mondo cattolico. Siamo così riusciti a competere con successo con la proposta verde, contenendo la possibile fuga elettorale in tale direzione, recuperando nel contempo consensi soprattutto dal dissenso operaio e anche dalle aree del pacifismo e solidarismo cattolici". Viene confermata la prospettiva del rafforzamento di Dp nell’ottica della costruzione di un blocco sociale e politico di alternativa: "La possibilità di un movimento politico e sociale per l’alternativa, che abbiamo lanciato alla nostra conferenza programmatica, e di cui Dp possa essere innesto e motore d’avviamento, esiste oggi con più credibilità di ieri".
Nei restanti mesi del 1987 in effetti si continuò a ritenere valida la linea politica del congresso di Palermo, e anche la proposta del successivo congresso di Riva del Garda (il movimento politico e sociale per l’alternativa) del 1988 ne costituirà un’evoluzione. In luglio la segreteria nazionale elaborò una "lettera alla sinistra" in cui si rilanciava la proposta di rifondazione della sinistra. "La sinistra italiana è attraversata da una crisi profonda, che è insieme di strategia, di rappresentanza sociale, di valori […] La posta in gioco, oggi, è l’identità stessa della sinistra che rischia di smarrire ogni legame con le finalità storiche della trasformazione sociale, del cambiamento di sistema, della lotta per la pace e il diritto dei popoli all’autodeterminazione e allo sviluppo autocentrato. Rivolgiamo questa nostra proposta di discussione a tutta la sinistra, intesa non solo come forze politiche, ma come ampio schieramento di donne e di uomini, di forze sociali e sindacali, di associazioni e collettivi, di gruppi femministi, di strutture ambientaliste e pacifiste che vogliono trasformare ed essere trasformate in un processo di rifondazione culturale e politica".
Dopo la pausa estiva Dp promosse significative iniziative in vari settori. Innanzitutto promosse manifestazioni e una raccolta di firme contro la spedizione di alcune navi militari italiane nel Golfo Persico, partecipando alla manifestazione nazionale del 27 ottobre a Roma con la parola d’ordine "né un uomo né un soldo per la guerra". L’attività pacifista di Dp consisteva anche nell’appoggio all’obiezione fiscale alle spese militari.
Nel dicembre inizia l’Intifada nei territori palestinesi occupati. La "rivolta delle pietre" suscita profonda emozione in Occidente e Dp lancia la campagna nazionale a favore dell’Olp "vita, terra, libertà per il popolo palestinese", per il riconoscimento dell’Olp e per uno stato palestinese indipendente.
Nel 1987 Dp è piuttosto attiva anche nel settore scuola e università, sia a livello nazionale, essendosi ormai ricostituito il dipartimento giovani-scuola, sia a livello locale, potendo contare su alcuni attivi gruppi di studenti medi e universitari, come la sezione universitaria di Roma che presenta, e vince, un ricorso al Tar del Lazio contro il numero chiuso alla Sapienza.
Nel settore delle lotte operaie sono molto attivi i lavoratori di Dp dell’Alfa Romeo in lotta contro la ristrutturazione imposta dalla Fiat e gestita dai sindacati. L’Alfa fu venduta dall’Iri alla Fiat, con un’operazione considerata da Dp come un sostegno statale alla Fiat, che oltre ai benefici di contributi a fondo perduto, dell’esiguità del prezzo e delle condizioni di estremo favore nel pagamento, della fiscalizzazione degli oneri sociali, ha via libera per licenziare migliaia di lavoratori.
Dp è inoltre stata l’unica forza politica che ha appoggiato totalmente, nella vertenza del porto di Genova, le ragioni dei lavoratori della Culmv (Compagnia Unica Lavoratori Merci Varie), la struttura autogestita dai lavoratori del porto che si battono per il mantenimento dell’organizzazione autogestita del lavoro.
Dp sostiene inoltre le lotte dei Cobas della scuola, viste come lotte per il salario e la qualità dell’insegnamento. Come afferma Saccoman "Non c’è da stupirsi dell’attuale malessere degli insegnanti, costretti a discendere nella scala sociale, produttori di un lavoro superfluo, in attesa del rinnovo di un contratto scaduto da oltre 27 mesi […] Cambiare la scuola e valorizzare la funzione sociale dell’insegnante significa mutare i valori su cui oggi si fonda la società, riscoprendo il lavoro come ricchezza e quindi la scuola come investimento sociale strategico per una cultura di massa, per una piena realizzazione della persona umana. Difesa del diritto allo studio e della scuola pubblica fanno da sfondo alla richiesta di un diverso ruolo nel proprio lavoro, di una diversa condizione economica, di una partecipazione diretta e democratica, di una autogestione sociale contro l’autoritarismo del governo e delle confederazioni sindacali, contro i compromessi sociali".
Inoltre la polemica col sindacato non riguarda solo l’appoggio ai Cobas, ma anche l’opposizione di Dp alle proposte di legge sulla limitazione del diritto di sciopero nei servizi pubblici, che vengono presentate in autunno.
Riguardo al nesso lotte operaie-lotte ambientaliste, particolarmente significative sono le lotte dei lavoratori di Dp dell’Ansaldo contro le produzioni per il nucleare, che portano ai blocchi dei lavoratori ai cancelli della fabbrica per impedire l’uscita di componenti per una centrale nucleare iraniana.
Anche a Massa Carrara Dp organizzò lotte operaie-ambientaliste contro la Farmoplant, ma, a differenza dell’Ansaldo, con notevoli difficoltà e non riuscendo a coinvolgere i lavoratori. Il 16 novembre si svolse un referendum consultivo, che si espresse per la chiusura della fabbrica inquinante.Alcuni militanti di Dp furono aggrediti da operai licenziati in seguito all’esito del referendum.
La vicenda Farmoplant, con le sue difficoltà, costrinse il partito a ragionare più approfonditamente su come saldare le necessità dei lavoratori e le esigenze di tutela dell’ambiente. La proposta che venne avanzata fu sì la necessità di chiudere le fabbriche inquinanti, affiancata all’obiettivo di un salario statale ai lavoratori che per via della ristrutturazione o della chiusura degli stabilimenti altamente inquinanti, perdevano, transitoriamente o durevolmente, il loro posto di lavoro.
L’iniziativa che ebbe il maggior impatto esterno fu senza dubbio la manifestazione-concerto (vi presero parte Dario Fo ed Enzo Jannacci) organizzata in ottobre a Milano in piazza Duomo contro la "filosoFiat", organizzata da Dp insieme ai lavoratori dell’Alfa, ai cassintegrati, alla Fim. Fu un’iniziativa non puramente resistenziale, non di pura contestazione, ma capace, come affermava Sandro Barzaghi, "di parlare alla città di Milano, di contrapporre al modello Fiat (con tutti i suoi leccapiedi da Sordi, a Pozzetto, ad Alberoni) un altro modello, un’altra cultura, un altro livello di solidarietà". Il successo fu in effetti notevole: 15-20.000 persone di pubblico e alcuni milioni raccolti per la solidarietà ai cassintegrati dell’Alfa.
L’iniziativa parlamentare di Dp che ebbe maggiore eco nel 1987 fu senz’altro la denuncia di Capanna in parlamento ai ministri Gunnella e Mannino, accusati di essere collusi con la mafia. "Gunnella è tutt’uno con la criminalità mafiosa organizzata da almeno vent’anni: da quando, il 22 febbraio 1968, in qualità di consigliere delegato della Sochimisi assunse il boss mafioso Giuseppe Di Cristina […] Poco dopo l’assunzione, a Riesi, paese natale del Di Cristina, il Pri, che raccoglieva in precedenza una ventina di voti, se ne vide arrivare ben 400, di cui circa 300 preferenze a favore di Gunnella […] la sentenza del collegio nazionale dei probiviri del Pri, emessa all’unanimità il 15 maggio 1975: vi è documentato come Gunnella, parlamentare e segretario provinciale del Pri a Palermo, divenne uno dei più tenaci assertori e sostenitori dell’elezione di Ciancimino a sindaco della città".
"Si legge in un documento ufficiale che i rapporti tra Calogero Mannino e i cugini Nino e Ignazio Salvo devono essere certamente ottimi, se si considera il fatto che questi ultimi, quando gestivano le esattorie, avevano messo a disposizione del Mannino un loro impiegato, distaccandolo presso l’assessorato alle finanze della regione nel periodo in cui Mannino era assessore alle finanze… L’avvocato Mannino è stato compare di nozze di Gerolamo Caruana, figlio del boss mafioso di Siculiana, Leonardo Caruana, che è stato assassinato a Palermo il 2 settembre 1981".