Pablo Echaurren e Claudia Salaris, "Controcultura in Italia, 1967-1977. Viaggio nell'underground", Bollati Boringhieri, € 19,63

Pablo Echaurren, pittore e scultore, e Claudia Salaris, studiosa di storia e letteratura delle avanguardie e in particolare del futurismo, compiono una interessante panoramica su dieci anni di controcultura in Italia, su spinte, iniziative, proposte, vissuti del movimento giovanile (e non solo) nel paese in cui il Sessantotto è stato più lungo e in cui maggiormente ha avuto una prevalente dimensione politica. La tesi centrale del testo, esposta in modo spesso polemico verso altre interpretazioni che privilegiano la dimensione politica, è che le controculture servirono come base alla rivolta studentesca, furono centrate sull'antiautoritarismo, ma furono "marginalizzate" nel quadro di una politicizzazione che tendeva a comprimere gli aspetti esistenziali, soggettivi e creativi e ad anteporvi quella visione preparata o alimentata da riviste come "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Giovane Critica", "La sinistra", "Classe operaia".
L'underground, cioè, si arresta di fronte all'onda d'urto tutta politica e passano in seconda fila il bisogno di metamorfosi radicale del modo di vita e le spinte (pace, eguaglianza, sessualità) che segnano l'iniziale rifiuto di una concezione "unidimensionale" della realtà.
Il testo è diviso in capitoli che ripercorrono cronologicamente il decennio. La rivolta esistenziale cresce fortemente negli anni '60, quella caratterizzata dai giovani nati "nell'era della bomba atomica". Le manifestazioni pacifiste, contro il pericolo del nucleare che potrebbe segnare la fine della vita sulla terra, sono il primo segno di un mutamento rispetto agli anni Cinquanta, segnati dall'immobilismo, dal conformismo, dalla rigidità della scelta di campo.
Si modificano lo stile delle iniziative, il modo di presentarsi. Nelle differenze, situazionisti e provos esprimono, anche ironicamente e iconoclasticamente, il rifiuto del modo tradizionale di "fare politica" e la messa in discussione del riferimento primario alla classe operaia. Il primo gruppo di provos in Roma suscita scandalo dividendo il mondo in tre gruppi:
- i produttori di benessere e di articoli di consumo,
- la massa alienata consumatrice,
- i soli capaci di opporsi e di proporre un "tempo liberato", come espansione di tutte le potenzialità del soggetto.
L' "età dell' innocenza" è segnata dalla nascita di molti periodici "per i giovani": "Ciao Amici" (1964), "Big" (1965), "Giovani" e "Mondo beat" (1966), dall'esplodere del fenomeno delle discoteche (il Piper di Roma), da trasmissioni radiofoniche ("Bandiera gialla", "Per voi giovani") rivolte specificamente ad un pubblico giovanile. L'interesse per i grandi temi internazionali si sposa con quello per la poesia americana, la riscoperta di un personaggio contraddittorio come Pound, l'interesse per le filosofie orientali. Il viaggio di Ginzberg in Italia (estate 1967) sembra compendiare tutti questi elementi, ma segna anche la crisi dell'area beat (da questo punto, secondo gli autori, il "cappello politico terrà in ombra il reale vissuto e il popolo underground si dislocherà in mille modi differenziati".
Inizia la fase delle "autoproduzioni", piccoli giornali tutti centrati sulla proposta di nuovi modi di vivere (la modificazione del modo di vestire e per la donna e per l'uomo), sull'endiadi arte/vita, già presente in altre fasi dell'avanguardia novecentesca.
Il "biennio caldo" 1968-1969 è percorso non negli aspetti più noti e trattati in testi e ricostruzioni, ma attraverso le contestazioni a festival e premi, il primo femminismo, spesso provocatorio, il recupero di tanti elementi futuristi, comportamenti scandalosi come quelli degli "Uccelli" di Roma (è curioso ripercorrere le imprese di Paolo Liguori, detto "Straccio", ora approdato sui tranquilli lidi di "Italia 1"). la presenza di una rivista come "Quindici" che lega avanguardia letteraria con discorso politico tout-court.
Il periodo successivo "Arte contro" è analizzato nel recupero del dadaismo e dell'esoterismo, nelle forme di "devianza" sessuale, nel nuovo teatro che nasce anche dalle difficoltà di quello tradizionale (gli Stabili), nel cinema, nelle arti figurative (la singolare figura di Pinot Gallizio), nelle canzoni, nel nascere di riviste come "Muzak" (1973-1976) e "Gong" (1974-1977), nell'umorismo di vignettisti (Chiappori, Zamarin, Vincino, Fo, Calligaro) e di riviste ("Cabalà", "Comix"), in manifestazioni-happening in cui parola e gesto, vissuti collettivamente, si intrecciano)
Il "viaggio nei settanta", nel decennio cioè più controverso della nostra storia, su cui ancora le analisi e le ricostruzioni sono largamente insufficienti se non reticenti, costituisce una carrellata su elementi spesso non omogenei, sul differenziarsi di un mondo in cui la "crisi della politica" diventa elemento determinante.
Gli autori ripercorrono la crescita del movimento delle donne (ricordate "Sputiamo su Hegel" di Carla Lonzi?), il crescere di tendenze mistiche e psichedeliche (il mito del viaggio interiore), il moltiplicarsi di concerti in cui si propone la trasformazione di tempo libero in tempo liberato e si manifesta il rifiuto della delega al grande circuito distributivo, esperienze come quella della riviste "Re nudo", in seguito "Il male", "Cannibale", “Frigidaire" o i legami con la francese "Socialisme ou barbarie".
Libri come Underground a pugno chiuso di Andrea Valcarenghi, Porci con le ali di Lidia Ravera e Marco Lombardo Radice, la stessa formula "Il pane e le rose", testimoniano il rifiuto di ogni forma organizzativa, di dirigismo, di leaderismo, di sottomettere il proprio personale alle scelte politiche del gruppo di cui si fa parte.
Si modifica il linguaggio, sempre più "spontaneo e desiderante". In un lungo brano riportato (p. 207), Umberto Eco si chiede come gli stilemi dell'avanguardia artistica, nati in ambito elitario, si siano travasati nel linguaggio giovanile, sino a diventare di uso comune.
Il libro, nato e sviluppato su una tesi, la sviluppa coerentemente e con ricchezza di documentazione. Il taglio può sembrare unilaterale ed è ovviamente elemento di discussione, ma la lettura è di grande interesse e complementare a studi, purtroppo ancora parziali, su questa stagione di storia (politica, culturale, artistica, di costume...).

Sergio Dalmasso