Giulio De Martino, "Antologia del dissenso. Orizzonti politici e culturali del movimento antiglobalizzazione", Edizioni Intra Moenia, pp. 712, 23 Euro

Un libro molto ambizioso, molto utile e piacevole da tenere in mano [Intra Moenia, casa di edizioni napoletana inventata da Attilio Wanderlingh, ha il gusto delle cose ben fatte, compreso il loro "caffè letterario" nel pieno centro storico di Napoli, e di questi tempi le cose belle non guastano].
La sola cosa su cui mi sentirei di eccepire è l'uso, da parte di Giulio De Martino, nella prefazione all'antologia, dell'uso dell'espressione "no global". Su questo punto, noi di Carta abbiamo una vera fissazione: è come se Lotta continua, o il manifesto, avessero negli anni settanta adoperato il termine "extraparlamentari", con cui la nuova sinistra, o sinistra rivoluzionari adell'epoca, era correntemente citata dai media. Così riducendone senso e cultura a un dentro-fuori la sola politica che conta, il parlamento. Mentre oggi il termine "no global" allude a sua volta, visto che le parole pesano, all'alternativa secca dentro-fuori questa globalizzazione, come se un'altra fosse impossibile. Ma anche il manifesto, per dire, usa correntemente questa dizione, quindi c'è poco da scandalizzarsi.
Anche perché il discorso di De Martino mostra di aver compreso bene la qualità di quel che è accaduto tra Seattle, Porto Alegre e Genova: "Una sintassi spezzata e policentrica rende giustizia a chi vuole - anche nel tempo presente - ragionare sull'essere politico degli umani. Accetta e sconta dentro di sé l'impossibilità storica di una dottrina sistematica, di una soggettivazione compiuta e definita delle identità e delle pratiche sociali", si legge per esempio a un certo punto dell'introduzione.
Ma introduzione a cosa? A una raccolta di testi - da Frantz Fanon, Malcolm X, Helder Camara, Camilo Torres, Ernesto Che Guevara a Noam Chomsky, Ignacio Ramonet, Serge Latouche, Riccardo Petrella, fino all'Alberto Magnaghi del "progetto locale" e, ovviamente, al subcomandante Marcos - con l'ambizione di tracciare una linea di continuità, e di evoluzione/rottura naturalmente, tra le ribellioni del Sessantotto planetario e quelle della Porto Alegre globalizzata. Suddividendo la materia in capitoli tematici e aggiungedovi uno "schedario" con i profili di tutti gli autori.
Devo dire che, se fossi un insegnante, e mi fosse permesso di proporre ai ragazzi un "sussidiario", come si chiamavano un tempo, in grado di offrire tracce di letture del presente dal punto di vista del dissenso, c he è quello certamente più interessante, sceglierei senz'altro questo libro.

Pierluigi Sullo, "Carta", N. 25-2002