LUIGI CORTESI (a cura di), Amadeo Bordiga nella storia del comunismo, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, p. 415, L. 39.000

LUIGI CORTESI, Le origini del PCI, studi e interventi sulla storia del comunismo in Italia, Franco Angeli, Milano, 1999, p.439, L. 42.000

Luigi Cortesi, docente di storia contemporanea all' Università di Napoli è stato direttore della Biblioteca Feltrinelli e, con Stefano Merli, direttore della “Rivista storica del socialismo” che tanto ha innovato, tra gli anni Cinquanta e i Sessanta, la ricerca storiografica italiana. Da oltre quindici anni allo studio della storia del movimento operaio, ha accompagnato l'interesse per le tematiche ambientali , per il nodo guerra/pace, per la globalità, testimoniato dalla rivista Giano. Pace ambiente problemi globali, da lui fondata e diretta, e da numerosi testi, primo fra tutti Storia e catastrofe. Considerazioni sul rischio nucleare (Napoli, Liguori, 1984).
L' interesse per la storia del socialismo e del comunismo italiani è testimoniato oltre che dalle "riscoperte" e dai dibattiti sulla “Rivista storica”, da testi quali La costituzione del Partito socialista italiano (Milano, 1962), Il socialismo italiano tra riforme e rivoluzione (Bari, Laterza, 1969), Le origini del PCI (Bari, Laterza, 1972), dal saggio introduttivo al volume di Angelo Tasca I primi dieci anni del PCI (Bari, Laterza, 1971).
Cortesi pubblica ora due testi che ripropongono la sua lettura sulle origini del comunismo italiano e in particolare sui grossi nodi degli anni Venti.
Il primo ripropone una riflessione, per troppo tempo mancata, sulla figura di Amadeo Bordiga, maggiore artefice della scissione di Livorno e della costruzione del Partito comunista (oggi più nessuno ripete la "vulgata" del partito fondato da Gramsci e Togliatti).
Il volume, molto corposo, è frutto dell' "incontro di studio" tenutosi a Bologna nel giugno del 1996 e ripercorre la attività politica del rivoluzionario napoletano dalla militanza socialista (è noto il suo contrasto con le posizioni "culturaliste e moderate" di Angelo Tasca), alla lettura della grande guerra e ricerca una alternativa alla degenerazione della Seconda Internazionale e all' ambiguità dello stesso Partito socialista italiano.
Molto spazio è, ovviamente, dedicato alla nascita del PCd'I di cui Bordiga è il massimo artefice, alla sua gestione, al suo contrasto con l' Internazionale comunista (sono riportati i suoi dibattiti/ scontri con Lenin prima e con Stalin poi), sino all' affermazione delle ipotesi gramsciane (dal cambio di maggioranza nel '24, al congresso di Lione del 1926).
Più complessa la trattazione sugli "anni oscuri" che vanno dal 1926 al '45 e segnano la totale uscita di scena del fondatore del PCd'I espulso dal partito e isolato, anche, ma non solo per scelte personali e incapace di ritornare sulla scena politica nel periodo resistenziale (sottolinea Cortesi nonostante le quattro giornate di Napoli e l'indubbio prestigio che ancora manteneva), soprattutto per la non distinzione tra fascismo ed altre forme di potere borghese, la concezione di autonomia del proletariato e di sua totale estraneità ai motivi della guerra, insomma per la totale rinuncia ad una teoria della democrazia, ritenuta tout court come forma politica propria dello stato borghese.
Il volume continua con due saggi più specifici e teorici, sulla lettura bordighiana del Capitale e sulla sua interpretazione dell'URSS, presente in numerosi scritti e soprattutto in Struttura economica e sociale della Russia d' oggi, Milano (Editoriale Contra, 1966), certo uno dei più originali e documentati tentativi di comprendere, attraverso categorie marxiste di analisi, la natura sociale del paese uscito dalla prima rivoluzione socialista.
Cortesi, da sempre molto critico verso le scelte politiche del PCI di Togliatti, di cui individua, però, le cause nella svolta gramsciana degli anni Venti (lo stesso concetto di egemonia risulta, a suo giudizio, interclassista), chiede una rivalutazione della figura di Bordiga di cui individua il ruolo non secondario nella storia del movimento comunista internazionale e per il quale lamenta i colpevoli silenzi della storiografia (fra gli altri la totale assenza dalla Storia del marxismo contemporaneo dell' Istituto Feltrinelli, pur impostata per medaglioni, e le sole tre citazioni nella Storia del marxismo dell' Einaudi, per non parlare delle calunnie, delle deformazioni, dei luoghi comuni, anche storiografici di cui questa breve scheda non può dar conto).
Emerge dal volume, il ritratto di una figura di grande peso, di un dirigente e teorico di una fase centrale nella storia del movimento comunista, da valutare adegutamente senza condanne chiesastiche, ma senza neppure culti (l'autore è in netta polemica contro chi non ne vede limiti profondi e non ne comprende la parabola dopo il '26). Soprattutto, Cortesi è critico verso la passiva ideologia dell'attesa del collasso capitalistico, alla quale l'"ironia della storia" non avrebbe risparmiato colpi postumi, ma rivendica l'esigenza di riaprire un discorso a tutto campo non solo su una figura, ma anche su nodi dimenticati o trascurati o rimossi della storia del movimento comunista, discorso che non può, evidentemente, fare a meno di alcun contributo. E' auspicabile che l'edizione critica degli scritti che Luigi Gerosa sta curando costituisca uno strumento utile anche se, ovviamente, specialistico.
Simili le valutazioni del secondo testo, dedicato alle Origini del PCI.
Qui, l' autore, che da tempo progetta una storia del PCI che ne percorra i settant' anni, dalla fondazione all'implosione e che sia critica e alternativa verso quelle ufficiali, passa in rassegna tutte le vicende del socialismo italiano dai primi del secolo alla Grande guerra, dalle discussioni su Marx all' espulsione dei riformisti favorevoli alla guerra di Libia, dalla "settimana rossa" alla neutralità verso il conflitto mondiale, dalla nascita di una frazione comunista al dibattito fra le tante anime del partito, alla scissione.
Tutta l'analisi intreccia il contesto internazionale, segnato dal trauma del conflitto e dalle speranze suscitate dalla rivoluzione sovietica con i fatti della storia italiana, il contesto economico sociale e il dibattito teorico-ideologico.
Gli Studi e interventi costituiscono non una appendice, ma offrono elementi di discussione riproponendo alcuni nodi storiografici su cui Cortesi, da tempo insiste:
Innanzitutto il ruolo, nella scissione, dei socialisti milanesi che ne fanno la terza componente, oltre al Soviet di Napoli e all' Ordine Nuovo di Torino. Quindi, senza "mitologie bordighiane", il giudizio negativo sulla "bolscevizzazione" del PCd'I, sullo stesso Gramsci, sul congresso di Lione.
Ancora un confronto con l'opera, di cui pure vengono riconosciute l'onestà e la documentazione, di Paolo Spriano che, ancora oggi, costituisce una sorta di "storia ufficiale" del partito. Chiari i diversi approcci. Per ultimo, un lungo studio Da Livorno alla solidarietà nazionale, che attraversa lo "svincolo" Bordiga-Gramsci, la lotta al fascismo, la gestione togliattiana, i rapporti con la base operaia e popolare, la Resistenza, lo stalinismo e l' impegno democratico, sino all' integrazione il cui elemento più netto, nella lettura di Cortesi - che lamenta più volte la non applicazione, da parte della storiografia, di quel concetto al caso del PCI - è l' accettazione della NATO, avvenuta, di fatto, ben prima della famosa intervista di Berlinguer al Corriere della sera ( giugno 1976).
L' importanza del testo deve essere riconosciuta anche da parte di chi può non condividere alcuni giudizi specifici. Indubbia anche la sua valenza politica, espressa nella Introduzione (p. 22): “Mi sento di difendere la legittimità di posizioni critiche anche molto dure su questioni che hanno rivelato la loro portata non puramente storiografica. Quelle discussioni e quegli scontri erano infatti sul passato, ma essi riguardavano il comunismo come tendenza e come progetto; vertevano sul futuro della storia umana. A nessuno di noi veniva in mente di separare la ricerca storica dalla politica; giudicavamo che quella separazione fosse ipocritamente reazionaria e che l' aver stabilito il naturale rapporto fra passato e presente...fosse una acquisizione anche scientificamente irrinunciabile”.
 

Sergio Dalmasso