Torre Prendiparte

Torre Prendiparte
Siamo in piazzetta Sant'Alò e come a sorpresa appare la regina tra le torri minori, anche se di minore non ha nulla: la Prendiparte. E regina non per niente, ché già da tempo è nota come Coronata, visto il ‘rustico diadema barbarico' che porta sulla sommità.

La famiglia Prendiparte innalzò questo gioiello intorno al 1150. Circa cinquecentomila giornate di lavoro operaio, scaglionate in un arco di tempo di realizzazione che, per una torre del genere, non poteva essere inferiore ai tre anni, ma di certo non superare i dieci, per non far brutta figura. Gioiello dunque, per bellezza e costi da grattacielo medievale, con i suoi 58 metri, che allora dovevano essere anche di più. Lo fanno supporre la larga base a scarpa e lo spessore dei muri, che nonostante le risieghe, cioè progressivi restringimenti, anche in cima misurano più di un metro e trenta. Il suo stato di conservazione è ottimo, anche perché il degrado di uno spigolo, quello a nord-est, probabilmente colpito da un fulmine, è stato abilmente risistemato nel 1988, con un intervento di ripristino della muratura mancante e di ripasso del coperto, ad opera di una squadra di muratori/alpinisti che hanno lavorato appesi alla torre. Questo sistema, quanto meno curioso, è un metodo usato molto di frequente per il restauro delle torri, e anche negli attuali lavori sulla Garisenda e sull'Asinelli viene impiegato questo tipo di maestranze.

Dopo i Prendiparte la torre diventò di proprietà dei Fabruzzi, cui venne di lì a poco confiscata. Due monache della stessa famiglia però riuscirono a riottenerla e dopo loro e un altro successivo compratore, venne venduta alla Mensa Arcivescovile insieme all'edificio limitrofo, dove trovò spazio il seminario del Vescovo Paleotti. Quando nel 1751 il seminario venne trasferito di fronte alla Chiesa di San Pietro, la torre e annessa casa venne convertita in carcere della curia, rigorosamente maschile. Luogo di segregazione e pena per chi si macchiava di reati contro la religione e d'oltraggio alla morale cristiana, espiati a pane ed acqua, con forme di igiene pressoché nulle e la minaccia, ancor maggiore, di finire nelle galere papaline, evidentemente ancor peggiori. E' di questo periodo cupo che conserva tracce a dir poco suggestive. Le piccole celle, a seguito di un minuzioso restauro e attenta pulizia, hanno rivelato numerose incisioni, scritte, lamenti e disegni, che sono sopravvissuti a due secoli di incuria. La notizia curiosa e insieme sconvolgente è che presentano un colore rossiccio dovuto al fatto che venivano eseguiti utilizzando scaglie di mattoni o una pastella composta da polvere di mattone e da... liquido organico.

Oggi bed&breakfast sui generis, gestito con cura e intelligenza dai proprietari che ne hanno fatto luogo di memoria, racconto e incontro, è una delle poche torri in cui è possibile accedere, nonché organizzare una visita, o partecipare ai curiosi eventi che vengono ospitati in modo cadenzato.

Ultimo aggiornamento: venerdì 21 settembre 2012