Torre Lambertini

Torre Lambertini
Bisogna osservare Palazzo Re Enzo (o del Podestà) da via Rizzoli, all'altezza di via Caduti di Cefalonia, per intenderci. Facendo un po' d'attenzione, proprio sullo spigolo nord orientale del Palazzo si può scorgere la sagoma della Torre Lambertini. Si tratta più propriamente di una casatorre, che venne acquistata nel 1294 dal Comune di Bologna per ingrandire la sua residenza, formata dal palatium vetus - l'antecedente complesso del Podestà, e il palatium novum, il cosidetto Re Enzo. Famiglia guelfa di molto peso nelle cruente contrapposizioni per il potere della Bologna comunale, i Lambertini contribuirono fortemente alla cacciata dei Lambertazzi, gli esponenti ghibellini in città, avvenuta nel 1274 dopo ben quaranta giorni di zuffe, incendi e saccheggi. Ma soprattutto a loro è ascritta la celebre cattura di Enzo, re di Sardegna e figlio dell'imperatore Federico II, che passò la sua restante vita rinchiuso nel palazzo, cui quanto meno venne lasciato il suo nome. Terminata la stirpe, a ricordare il passato illustre della famiglia è rimasta solo la torre, rimane solo l'edificio che vedi, sostanzialmente esile, di 25 metri, rimaneggiato nei secoli. Altana, porte e finestre sono state realizzate in tempi diversi, senza considerare l'apertura al pianoterra.

A rigor di logica, originali dovrebbero essere la porticina col balconcino e la finestrella più piccola, visibili sul prospetto orientale, cioè le uniche aperture che possano ritenersi del XII secolo. Infatti la grande porta e le finestre più ampie hanno uno stile più moderno e sono state presumibilmente realizzate quando la torre è stata assegnata al Capitano del Popolo, la magistratura cittadina nel 1255. Incorporata nel palazzo, ha subito ovvi riadattamenti interni. Un cinquantennio dopo, altri ne sono occorsi quando, anche se per pochi anni, il palazzo è divenuto prigione, prima femminile, poi per gli stessi Capitano del Popolo e Podestà. Poi ancora: Giovanni da Oleggio, lo stesso governatore che piazzò il corridore tra le torri Asinelli e Garisenda, ci ha voluto posizionare il primo orologio meccanico pubblico. Anche ora, guardando in alto sempre sul lato di levante, è possibile notare le due grosse mensole che lo reggevano. Altri interventi sono riconducibili ai primi Novecento, sotto le direttive di Alfonso Rubbiani, connotati da un restauro "in stile" che oggi rende difficile distinguere ciò che è autentico e ciò che non lo è.

Ultimo aggiornamento: venerdì 21 settembre 2012