Affrontare da diverse angolazioni e con codici comunicativi differenti, l’ambito problematico della futura “cittadinanza” per i molti soggetti che abitano la realtà urbana contemporanea, oltre a individuare la rete dei diritti e dei doveri, ha il vantaggio di collegare molti livelli di analisi – sociale, culturale, della mobilità migratoria e della stanzialità, dell’appartenenza molteplice, dell’estraneità – e di unire più esigenze: quella della chiarezza istituzionale e amministrativa, quella politica, dell’intervento e delle strategie.
L’esistenza di gruppi sessuali, generazionali, sociali, di “etnie”, di “minoranze”, di “nazionalità” diversi e differenziati, ma conviventi all’interno di uno stesso territorio, l’esistenza stessa in sé e per sé di una tale mescolanza, attiva processi di messa in scena delle specificità e delle caratteristiche, scatena conflitti ma fa anche intravedere possibili spazi di negoziazioni e di incontri. Focalizzare solo le differenze porta a concentrare l’attenzione sulla nascita e sull’esistenza dei conflitti, ad abbandonare la speranza di una multiculturalità armoniosa. Un quartiere ridisegnato dalle persone che lo abitano, invitate a presentarlo attraverso i luoghi e i percorsi della loro quotidianità, di giorno e di notte, in positivo e in negativo, a far conoscere le loro autorappresentazioni attraverso la parola, l’immagine, o tutte le altre modalità che vorranno individuare e proporre.
Tutto questo con un progetto lungo un anno che crea occasioni per la riflessione culturale, che mette a disposizione strumenti per documentare attraverso immagini e parole le significatività delle persone e del territorio, che attua percorsi partecipati di confronto e di condivisione per proporre possibili cambiamenti e miglioramenti, per creare quell’elemento collante che è la consapevolezza di sé e degli altri, per costruire le mappe del quartiere con la collaborazione dei cittadini. Guardare con gli occhi di tante persone un quartiere per meglio conoscerlo e comprenderlo vuol dire contribuire a creare identità personale e territoriale e al tempo stesso svolgere il ruolo di amministratori più in sintonia con le aspettative degli abitanti.
Vuol dire anche una qualificazione del quartiere, perché dare ai cittadini l’opportunità di esprimersi in veste di protagonisti porta contributi che possono trasformare un luogo cui viene attribuita la qualifica di periferia nella sua accezione più negativa in un luogo dotato di una sua centralità perché guardato con occhi nuovi. Da una periferia indistinta può trasformarsi, per esempio, in un luogo con presenze architettoniche di qualità.
La novità di questo approccio sta nella costruzione della trama della autorappresentazione e quindi della cittadinanza, ma anche nell’aspetto di work in progress e di esperienza conoscitiva del progetto stesso la cui realizzazione va intesa come l’avvio di un processo. Aspetti fondamentali saranno la documentazione dell’intero percorso, attraverso gli strumenti privilegiati della fotografia, della ripresa con videocamera, di un sito specifico, e la comunicazione, da quella che riguarda il coinvolgimento delle persone, anche attraverso concorsi e borse di studio rivolte ai più giovani, a quella delle diverse esperienze man mano che nel corso dell’anno esse procederanno; e sarà una comunicazione rivolta sia all’interno del quartiere sia alla città tutta stimolando, con iniziative collegate al lavoro che si sta svolgendo, la conoscenza delle potenzialità culturali rappresentate sia dalla città di Bologna che dai paesi di provenienza degli abitanti non bolognesi. |