Atlas of Transitions Biennale, dal 2 al 7 dicembre è We the People

Dopo aver esplorato le diverse possibili visioni della città in Right to the City (2018), la nozione di sradicamento/radicamento attraverso uno sguardo tutto femminile in HOME (2019) e il confine tra arte e attivismo nella Summer School Internazionale Performing Resistance (2020), il festival Atlas of Transitions Biennale giunge alla sua quarta e ultima edizione con il titolo We The People, dal 2 al 7 dicembre 2020 a Bologna.

We The People è la conclusione del progetto europeo Atlas of Transitions. New Geographies for a Cross-Cultural Europe in cui undici partner in sette paesi – Italia, Albania, Belgio, Polonia, Francia, Grecia e Svezia – hanno collaborato negli ultimi tre anni per progettare e realizzare, attraverso diverse pratiche artistiche, esperienze innovative di interazione e reciprocità tra cittadini europei, residenti stranieri e nuovi arrivati (migranti, richiedenti asilo, minori non accompagnati, rifugiati). 

Realizzato da Emilia Romagna Teatro Fondazione, con la cura di Piersandra Di Matteo, il festival – condizionato dalle limitazioni dettate dalla pandemia – compie uno sforzo di progettazione e si riformula grazie a una micropolitica dell'ascolto. People, infatti, non è una voce unitaria: presuppone una pluralità di corpi non riconosciuti in un unico soggetto. Nel We risuona una moltitudine di pronunce che si radunano in luoghi temporalmente diversi, in differenti tipi di spazi, ambienti e zone d’ombra. Attraverso performance, proiezioni filmiche, incursioni radiofoniche, workshop per gli studenti delle medie superiori, We The People vuole essere un invito a contrastare la subalternità razziale, di genere, sociale, economica, per affermare l’urgenza di una politica dell’ascolto basata sul diritto di tutti a essere ascoltati.

I protagonisti del programma di Atlas of Transitions Biennale sono: la regista argentina, di casa a Berlino, Lola Arias che debutta con una grande inchiesta sulla maternità, frutto di un lungo lavoro di ricerca e condivisione sul territorio; il collettivo ZimmerFrei, artisti associati alla Biennale, che presenta per la prima volta i quattro episodi di Saga, opera conclusiva degli anni di indagine sulla città svolta al fianco di Atlas; l’artista e teorico del suono Brandon LaBelle, che conduce un seminario in dialogo con la storica dell’arte e direttrice artistica della Biennale Internationale de Casablanca Christine Eyene e con la studiosa greca di arti performative Hypatia Vourloumis.

E ancora, la sound artist Rokia Bamba, voce della diaspora africana, con una masterclass ospitata sulle frequenze di Neu Radio e la conversazione in streaming Our Silences Will Not Protect Us con Federico de Felice animatore di Atlantico Festival; la compositrice Meike Clarelli concerta e crea l’azione vocale collettiva Magnituto e in dialogo con la poetessa ugandese Carolyne Afroetry compone la canzone A Forgotten Tune; il coreografo bielorusso Arkazi Zaides con una performance sui morti in mare rimasti senza nome, un rito laico di commiato. Per tutta la durata del festival inoltre nelle bacheche urbane della città Cheap Street Poster Art espone le fotografie di Michele Lapini: è Concertata, un'installazione dedicata all'eccedenza dei corpi moltitudinari in lotta che inaugura il festival il 2 dicembre.